Nell’anno del Signore 1991, mese di ottobre, il giorno era il 5 (se non erro) si celebrava il matrimonio degli amici Evio e Laura. Numerosi gli astanti, con folta rappresentanza di popolazioni che non parlano la nobile lingua del Gabibbo: fra questi, e non poteva essere altrimenti, spiccavano i Saggi ed i loro paggi; classica assenza, quella del buon Luca Francardelli, impegnato tanto per cambiare in qualche esame di medicina così come da quattordici anni a questa parte.

 

La marcia di avvicinamento dei repubblicani di Ranza e Ciuciano, tuttavia, non si era rivelata delle più tranquille. Il Gran Sacerdote Guido, con in macchina quel pacco di sculo di sandrino, forava a 140 all’ora in autostrada: con l’occasione, tuttavia, sandrino aveva modo di imparare come si cambia una gomma.

 

Paolo e Famiglia sovvertivano i buoni propositi della vigilia: non arrivavano quindi di buon’ora; né si rifocillavano; né tantomeno si cambiavano, con calma, in albergo. Nella circostanza il Bigazzi non aveva impegni calcistici, e si risparmiava così i crampi ai polpacci.

 

Fabio gestiva come sempre al meglio i propri orari, e ad ogni area di servizio autostradale era costretto a fermarsi per disdire, uno alla volta, i vari impegni fissati con mezza Genova: arrivava alla Chiesa in jeans e maglietta, ma risolveva astutamente il problema dello spogliatoio utilizzando l’attiguo bosco.

 

La strada che conduceva all’amena chiesetta prescelta per la cerimonia era costellata di simpatici cartelli predisposti da Papà Salvatore: il loro testo, sublime nella sua essenzialità (“EVIO E LAURA”), accompagnava il viandante lungo il percorso. A celebrare gli sposi era ogni fermata dell’autobus, ogni palo della luce, ogni albero, ogni cartello stradale, tant’è che all’accesso del sagrato della chiesa appariva uno strano “divieto di sosta ad autoveicoli, motoveicoli, biciclette, Evio e Laura”.

 

Tempo splendido, temperatura estiva, una chiesetta in perfette condizioni di agibilità, un monte di spettatori, espulso Caricola al 37’; panorama da sogno, sposa deliziosa, sposo brutto repellente, genitori contenti, prete attento e misurato, alta partecipazione alla preghiera specie da parte di due tizi in fondo alla chiesa. Ascoltaci, o Signore.

 

A fine cerimonia, dopo il lancio dei soliti chili di riso alla faccia dei bambini del Biafra e del cartello “vietato tirare riso”, si levava in fondo al sagrato l’ampio striscione “EVIO E LAURA, UN DERBY CHE VALE UNA VITA”, e partiva uno sventolio di bandiere sampdoriane e genoane, con lancio di fumogeni, petardi, ammennicoli vari per fare casino, trombe e cori da stadio: una curva in miniatura, uno spettacolo bellissimo. Fra i convitati si mescolavano compiaciuta perplessità ed entusiastici apprezzamenti. Da incorniciare quello del simpaticissimo fidanzato di Heidi, che con una smorfia sibilava: “e pensare che quei teppisti sono quasi tutti laureati”.

 

Cena nuziale presso il ristorante Ardito (Ardito’s restorant) in Rapallo, con posti rigorosamente e tassativamente assegnati: neanche a dirlo, il Caso metteva di fronte a tavola sandrino e il Divino; neanche a dirlo, i più contravvenivano alle suddette rigorose e tassative assegnazioni per il solo gusto di contravvenirvi; neanche a dirlo, in tutto questo guazzabuglio bastava alzarsi un attimo per trovare il proprio posto occupato da qualcun altro; neanche a dirlo, il Fantini ed il Margheri, vittime di tali circostanze, finivano per sedersi - insieme - nell’unico posto rimasto momentaneamente libero: quello dello sposo.

 

Tra i momenti più significativi della serata, la poèsia di Pippo, che faceva versare lacrime di commozione a sposi e convitati; il discorso di sandrino in versione Lubrano, che faceva versare lacrime amare alla lingua italiana; la fava mia di zucchero che di zucchero non è e che non poteva non essere cantata; la virile impazienza di Evio, che piombava mezzo nudo nella sala, invitando la mogliettina a raggiungerlo al gabinetto; e altre scenette varie che davano brio alla festa e facevano sì che, fra i convitati, l’iniziale perplessità lasciasse sempre più spazio agli entusiastici apprezzamenti. Da incorniciare quello del simpaticissimo fidanzato di Heidi, che con una smorfia sibilava: “e pensare che quei teppisti sono quasi tutti laureati”.

 

A fine pasto si spegnevano le luci, e al suono di “Happy days” faceva il suo ingresso in sala la torta nuziale. Si riaccendevano le luci e la torta veniva presa d’assalto da una ventina di persone che, educatamente munite di bavaglino al collo come vogliono le sane regole del galateo, ci inzuppavano voluttuosamente le mani e se la pappavano con gusto. Evio dava una lezione di nonchalance: dopo alcuni secondi di totale sbigottimento mandava tutti a fare in culo e tuffava a propria volta la pelosa manaccia nella soffice e deliziosissima torta, mangiandosi di gusto la propria porzione.

 

Ovviamente era tutto uno scherzo perpetrato dai fetidi amici: la vera torta nuziale era altrove. Il clima allegro e scanzonato della festa aveva però finito con il contagiare quasi tutti: invece di udire cori di indignazione per delitto di lesa torta nuziale, si assisteva ad una vera e propria ressa in cui gente di tutte le età, con la mano sguainata, si avventava sulla torta per abbrancarne un pezzo. Anche la neosposina Laura, benchè ammutolita e inchiodata alla sedia, mentre osservava mesta la devastazione della torta e ascoltava perplessa le fragorose risate del padre che intanto filmava il tutto, finiva con il leccare rassegnata un pezzo di dolce dalla mano di un compiacente ospite. Si sprecavano le risa e i positivi commenti degli astanti per quella che evidentemente ritenevano essere un’originalissima variante del cerimoniale: insomma, non più compiaciuta perplessità, ma solo entusiastici apprezzamenti. Da incorniciare quello del simpaticissimo fidanzato di Heidi, che con una smorfia sibilava: “e pensare che quei teppisti sono quasi tutti laureati”.

 

Veniva poi servita la vera torta nuziale (con piatto e cucchiaino) e si udivano commenti del tipo: “l’altra però era più buona”. Per concludere, una menzione per il cameriere addetto agli spumanti, il quale serviva con equità il brut a chi chiedeva il dolce e viceversa; una menzione per il Tinacci, che, ignaro dello scherzo della torta, si è alquanto incazzato perché temeva di rimanere senza; una menzione al bravo musicista, non tanto per il suo pur pregevolissimo accompagnamento alla cerimonia nuziale, quanto per aver insegnato ai Saggi un nuovo e originale metodo per bere di più; una menzione al Bigazzi, che si è infilato nel gruppo delle nubili in occasione del tradizionale lancio del bouquet; una menzione con lode a Nadia, ideatrice dello scherzo della torta; e, infine, una menzione con due lodi a Laura, perchè quella di sposare Evio è stata proprio una pregevole impresa.