Caro Direttore,
l’altro giorno stavo attraversando il paese di Castelfiorentino
con una certa premura, dal momento che dovevo assolutamente andare a rinnovare
l’assicurazione dell’auto scaduta da circa un mese, e ho quindi imboccato a non
più di 110 all’ora una strada che, sebbene fosse a senso vietato, mi avrebbe
consentito di risparmiare del tempo prezioso.
Insomma, non stavo facendo niente di male, quando sono stato bloccato
da uno strano tipo, bazzoso e purulento, che,
qualificatosi come vigile urbano, ha osservato che nel punto dove mi aveva
costretto a fermare la sosta era vietata, e mi ha appioppato perciò 37.500 lire
di multa.
Ora mi chiedo: è giusto che certa gente, in forza di quei pubblici
poteri a lei conferiti da chissà chi, faccia perdere del tempo a dei poveri
cittadini la cui unica colpa pare essere quella di voler adempiere con
sollecitudine ai propri doveri di automobilista?
(Fabio, Castelfiorentino)
Caro Fabio, la tua
lettera mi ha drammaticamente ricondotto ad occuparmi di un problema che
credevo fosse ormai risolto, e cioè l’arroganza del
potere. Dal mio umile punto di vista l’automobilista ha sempre ragione, tanto
più se va a compiere il proprio dovere di integerrimo
e ligio cittadino. Anzi, secondo me hai fatto molto
male a non sdraiarlo subito. Come sai, i vigili sono
gli scarti fisici e soprattutto morali degli altri corpi; quando a questo ci aggiungi che l’odioso veste uno straccio di divisa ed ha una
bazza fuori misura, non c’è più niente da fare. Purtroppo hai pagato la multa,
ma ti resta la soddisfazione di avere additato al pubblico ludibrio una persona
indegna di vivere. Quindi la prossima volta ti consiglio
di applicare un vecchio slogan liceale riadattato per l’occasione: “se vedi un
vigile, sdraialo a vista, o è l’Empoli o è un fascista”.
Caro avvinazzato di un direttore,
vorrei focalizzare la tua attenzione sul problema più antico del mondo: le
donne, ovvero le vil troie. Da questi boccacceschi
esseri nasce la nota equazione “tempo=denaro”. Perché? mi chiederai. Semplicemente perché le donne equivalgono sia ad uno spreco di
tempo che ad uno di denaro. Per la proprietà transitiva, dunque, il
tempo risulta uguale al denaro. Come giustificare però
– ti chiedo – la parola “spreco”?
(Massimo, Firenze)
Caro, caro, caro dolce
ingenuo Massimo, nella tua logica deduzione ti sei dimenticato della variabile
“F…”, che come una particella impazzita si aggira da sempre nelle nostre
relazioni con le gran troie. Ti spiego subito. Il tempo è sempre uguale al
denaro, ma se poi ti porti la porcona a letto abbiamo
quella che in geometria si chiama “realizzo dello scopo”; il problema sorge
quando le gran troie non la vogliono proprio mollare, allora l’equazione
diventa tricotomica in quanto
tempo=denaro=spreco.
Un bacione.
Caro Direttore,
mia figlia mi delude: caro direttore,
deve sapere che mia figlia è bellissima, intelligente e molto sensibile. È
stata fino a oggi una gioia inesauribile per noi, suoi
genitori, ma da quando è stata in vacanza in Grecia quest’anno non è più la
stessa.
Da quando è ritornata non fa altro che vedere palme nane (mi
piacerebbe tanto sapere se realmente esistono) da tutte le parti, ad ogni
minima nuvola nel cielo se ne esce con esclamazioni
tipo “ecco si rannuvola”. E questo non sarebbe niente se confrontato con la enorme attrazione sessuale che dimostra per i maschietti.
Anzi, dopo che si è congiunta carnalmente (povero fiorellino) con un ragazzo,
normalmente afferma a voce alta "“a un pacco come
il suo non lo ritroverò più"” e poi si mette a piangere e a battere la
testa nel muro.
Ora mi domando: cosa sarà successo a mia figlia? Ah, mi scordavo: è da
un certo periodo che mia figlia sta davanti al termosifone con un toni felpato rosso, bisbigliando strane frasi.
(Sigismondo Spinelli, padre disperato)
Caro
Sigismondo, io non sono (per ora) né padre né disperato, quindi il mio primo
sentimento è stato quello di scriverti che sono tutti cazzi
tuoi, ma poi mi ha intenerito proprio il tuo accento
disperato e allora ho deciso di dedicarti un po’ del mio tempo. Cominciamo dal
principio, tutte le gioie si esauriscono, e anche tua figlia si è rotta le
ovaie di essere una beghina. Quando dice che si
rannuvola non vuol dire niente, secondo lei sta per piovere, ma veniamo al
punto. Secondo me tua figlia, dopo che si è fatta quella sbattutella
in Grecia, è afflitta da “paccomania”, dal greco paccos=pacco e mania=mania,
oppure da quella che gli inglesi chiamano “pack syndrome”,
malattia contagiosa i cui primi sintomi sono quelli di lamentarsi ad alta voce
per la mancanza del pacco, noto frutto esotico, da cui la rassomiglianza con le
palme nane. La malattia degenera poi in forme più esasperate fino ad arrivare
al temuto livello di guardia della baldracchite
acuta, che si manifesta con l’indossare indumenti di colore rosso. Quindi vedi di stare un po’ in campana. Ti consiglio in ogni
caso di comprarle, come ogni buon padre dovrebbe, un bel “pacco” di
preservativi. Sai, Sigismondo, un conto è la figlia troia, un conto è che tu
diventi nonno.