TERZA PAGINA :  REQUIEM PER LA PRIMAVERA

 

 

                                   Doveva essere molto bella la campagna fiorentina nella primavera del tardo Quattrocento, allorché Simonetta la vide per la prima volta, nel suo viaggio che la portava da Genova a Firenze. Allora, Simonetta non era che una bella giovane che andava in sposa ad uno dei più ricchi uomini di Firenze; ed è proprio da qui che comincia la nostra storia, in una di quelle polverose strade carovaniere che, attraversando il passo del Bracco e il cosiddetto Bracchetto, univano la città della Lanterna con quella del Cupolone.

                                   L’arrivo di Simonetta a Firenze passò del tutto inosservato, come può esserlo quello di un qualsiasi giovane nella città più ricca, più bella, più colta d’Europa. Però Simonetta s’impose subito all’attenzione di tutti i fiorentini, se già pochi mesi dopo il suo anonimo arrivo, in città essa era già conosciuta come “la bella di Firenze”.

                                   Nell’anno del Signore 1474 Simonetta era diventata così fiorentina, come moglie di Marco Vespucci, parente stretto di quel Amerigo che battezzò l’America.

                                   Gli occhi grigi, i capelli biondi, la figura longilinea e la grazia della fanciulla genovese, ammaliarono, oltre che il suo legittimo consorte, anche uno dei giovani più in vista e più potenti di Firenze: Giuliano Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico.

E l’amore del giovane Medici per la bella straniera divenne tanto manifesto quanto proverbiale sotto il Cupolone; e non poteva essere diversamente quando si seppe che si andava organizzando da parte dei Medici una giostra, magnifica, in piazza Santa Croce, e che la dolce Simonetta ne era la regina.

                                   Bisogna dare atto a Giuliano che fece le cose in grande stile per conquistare il cuore della bella dama: il 28 gennaio 1475 il campo ribolliva di dignitari, nobildonne, dame, cavalieri, paggi, popolani e curiosi. Quel giorno Giuliano scese nell’arena vestito con un’armatura d’argento tempestata di pietre preziose; sul capo portava un elmo scolpito dal Verrocchio; sul suo stendardo, dipinto dal Botticelli, campeggiava una figura femminile: una scritta in francese antico spiegava che essa, la figura, era la “Sans Par”, la senza pari (con chiaro riferimento a Simonetta). Inoltre, il poeta favorito dei Medici, Angelo Polliziano, compose un poema squisito, ancora oggi letto e ammirato, sulla giostra che fu vinta, come nelle favole, proprio dal bel Giuliano.

                                   Una delle cose che fu più a cuore alla famiglia Vespucci, nei giorni seguenti la giostra, fu il precisare che fra i due giovani se amore era nato, esso era rimasto assolutamente platonico.

Noi possiamo dire che certamente la storia d’amore fra Simonetta e Giuliano non finì in quella tiepida giornata di gennaio; ma le cronache del tempo sono però frammentarie e mai precise; sembra comunque che fra i due non si andò mai oltre quell’amor platonico dichiarato dalla famiglia Vespucci.

                                   A noi, di quell’idillio, rimangono i quadri di Sandro Botticelli che continuava a ritrarre Simonetta nei suoi dipinti, contribuendo così alla leggenda di questa fanciulla soave, che nei secoli continuò ad ammagliare le genti di tutto il mondo, proponendosi come l’immagine più bella e più vera di una femminilità che rispecchiava in se stessa quel periodo storico-culturale chiamato Rinascimento italiano.

                                   Ora Simonetta, capelli biondi al vento, ci guarda tale come è raffigurata nel quadro detto la Primavera; in quel modo malizioso, con quel sorriso che incantò la sua Firenze e dal quale siamo affascinati anche noi uomini del XX secolo.

                                   Poco oltre un anno dalla giostra vinta da Giuliano, Simonetta si ammalò di tisi; Giuliano fu bandito da Firenze: solo oggi, col senno di poi, sappiamo che i due giovani non si sarebbero più rivisti. Infatti la malattia di Simonetta fu breve; ammalatasi all’inizio di aprile del 1476, ella moriva il giorno 27 dello stesso mese. Ma la sua bellezza vinse anche la morte; e tanto era bella anche nel feretro, che la bara fu tenuta aperta per permettere ai fiorentini di ammirarla per l’ultima volta, mentre attraversava le vie cittadine.

                                   Questa è la storia di Simonetta; l’ho voluta raccontare così, come si può parlare ad un amico di una persona cara che è da poco scomparsa, nella quale possiamo scorgere uno spirito giovane come il nostro, con diversi problemi, forse, ma con quelle illusioni, eterne, che caratterizzano la nostra gioventù, con quell’entusiasmo che ogni giovane da sempre possiede; con quella voglia di vivere che ci è propria; e, come per uno di noi, vogliamo piangere una fine prematura.

                                   Ora, dopo avere conosciuto la sua storia, chi volesse ancora rendere omaggio a Simonetta, può portare un fiore presso la sua tomba, nella Chiesa di Ognissanti, a Firenze.

 

 

                                                                                                                      Il Divino