Tratto da “Il Rutto Della Vigna” anno 2
(aprile 1988), numero 4 (curato dalla redazione di Firenze).
Autore: Marco
DALLA TELESCRIVENTE
DE “IL RUTTO DELLA VIGNA”
La sera del primo
marzo a seguito di una violenta irruzione nella canonica di un noto
personaggio, appartenente alla crema ecclesiastica del Sangimignanese,
le autorità competenti hanno rinvenuto uno scottante documento accusatore.
Risulta
che il prelato, che chiameremo Don Bairo, tenesse
gelosamente occultata (agli occhi della perpetua, del Papa, del mondo intiero),
una edizione semiclandestina e assolutamente irreperibile ai più, di versi
“MORBOSI” (datati prima metà del ‘500, sono opera di Pietro Aretino, nato
povero e figlio di puttana nel 1492, morto ricco, potente e pieno di donne nel
1557. n.d.r.).
Mentre veniva
trascinato via dai luoghi sacri, in preda ad una crisi di astinenza, pare che
Don Bairo abbia dichiarato: “Un mi pento di i’che ho fatto! E se un fosse stato pe’
quella troiona della mi’ perpetua, un m’avreste ma’
preso!!! Accidenti a’ contadini…”
Riportiamo
per dovere di cronaca e di informazione alcuni stralci dell’antico manoscritto,
che lo sventurato leggeva e rileggeva avidamente nel confessionale tra un Atto
di Dolore e uno di Piacere.
DUBBIO IV
De’
gesuiti il padre sacristano
per
raffrenar la sua lussuria tanta,
cacciò
il cazzo e i coglion
nell’acqua santa.
Fu
casio meritorio oppur profano?
DUBBIO X
Sul
cazzo che rizzato avea fra’
Carlo
giù
dal balcon cascò suor Margherita,
le
ruppe il culo e le salvò la vita.
Dovea perciò dolersi o ringraziarlo?
DUBBIO
XV
Nei
grandi caldi di luglio frate Alberto,
per
schivar l’ozio e tutti gli altri vizi,
menava
il cazzo a tutti i sui novizi.
Fu
questa opra profana oppur di merto?
SONETTO
LUSSURIOSO
Dammi
la lingua, punta i piedi al muro,
stringi
le coscie e tiemmi stretto stretto,
liscia
che vada a traversare il letto,
ché
d’altro che di fotter non mi curo.
Ah
traditore! hai il cazzo molto duro,
ah
come in su la potta mi confetto,
un
dì di torlo in culo ti prometto
e
di farlo uscir netto t’assicuro.
Io
vi ringrazio, cara Lorenzina,
m’ingegnerò
servirvi; or via spingete
appunto
come fa la ciabattina.
Io
adesso faccio, e voi quando farete?
Adesso
dammi tutta la linguina.
Ohimè
ch’io muoio e voi cagion ne siete!
Dunque
voi compirete?
Sì,
sì, già faccio, ohimè spingi, ben mio.
Ohimè
già ho fatto ahi che son morta, o Dio!
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Dal vostro inviato
speciale (particolare, fuori
dall’ordinario, fuori dal comune, dalla provincia, dalla regione, insomma
fuori) MAR MAR. |