In
questo numero prosegue l’interessante rubrica dedicata ai problemi fiscali. Anche adesso, come in precedenza, il lettore vi troverà,
oltre alla definitiva risoluzione degli inquietanti interrogativi che
costantemente affliggono il contribuente, interessanti spunti tesi
all’innovazione della materia e alla ricerca della Verità.
Il
presente articolo è dedicato ad una attualissima
problematica, che investe soprattutto i socialisti.
TANGENTI, BUSTARELLE OVVERO MAZZETTE: REGIME
FISCALE E TASSAZIONE
di
Oggi
come non mai la magistratura sta attivamente intervenendo contro i pubblici
amministratori corrotti, evidenziando così come il fenomeno della “tangente”
costituisca una realtà oltremodo pesante sotto il profilo degli importi in
gioco. In altre parole, il sottobosco della corruzione
determina ingenti redditi a favore dei percettori delle tangenti, redditi che
il pubblico amministratore corrotto avrebbe il dovere di dichiarare e di
assoggettare ad imposta secondo le vigenti regole in materia fiscale.
Purtroppo,
la cronica mancanza di chiarezza in tali regole fiscali induce sovente il
perplesso pubblico amministratore corrotto, che pure
vorrebbe ardentemente compiere il proprio dovere di cittadino pagando
regolarmente le tasse, ad omettere volutamente la dichiarazione degli importi
percepiti a titolo di tangente: e ciò per il comprensibilissimo scrupolo di
evitare errori o malintesi con l’Amministrazione finanziaria.
A
dissolvere ogni dubbio in materia fiscale, e consentire così al coscienzioso
pubblico amministratore corrotto di coronare il proprio sogno di pagare le
tasse, provvede questa rubrica.
Il
reddito da tangente, innanzitutto, non è conseguito in
relazione alla qualità di lavoratore dipendente del precettore. Si
potrebbe obiettare che sussiste una tacita regola secondo la quale il pubblico
amministratore ha il preciso dovere di imporre e percepire la tangente
nell’ambito della propria attività; e che questa regola, in
quanto fedelmente rispettata dalla quasi totalità dei pubblici
amministratori e in particolar modo da quelli socialisti, per i quali è
proverbiale il fervido attaccamento alla funzione pubblica, è divenuta un “uso”
e come tale fonte di diritto (art. 1 preleggi). Ma ciò non è rilevante, in quanto detta regola non è espressamente ricompresa nel contratto collettivo di lavoro dei
dipendenti presso Enti pubblici, né fa parte del giuramento che debbono
prestare i pubblici amministratori per carica elettiva. E’ questa una lacuna
che auspichiamo venire presto eliminata, in quanto la
statuizione di siffatta regola determinerebbe - consequenzialmente - anche una
definitiva fissazione degli importi delle tangenti, e l’indaffarato pubblico
amministratore corrotto verrebbe così liberato dal gravoso onere di doverne di
volta in volta determinare l’ammontare. Non solo, si giungerebbe alla
riqualificazione della tangente come “reddito assimilato a quello di lavoro
dipendente”, e la stessa potrebbe venire così tassata
alla fonte, senza ingenerare equivoci di sorta.
In attesa di tale riforma, la tangente rientra oggi fra i
“redditi diversi” di cui all’art. 81 del Testo Unico delle imposte sui redditi
(TUIR). Tale articolo contempla con chiarezza le varie tipologie di tangente
oggi presenti sul mercato, e va pertanto dato merito all’attento e preparato legislatore
di avere così compiutamente regolamentato il fenomeno
in questione.
Nel
citato art. 81 vi si ritrovano, infatti, i redditi derivanti da: lottizzazioni di aree edificabili (fenomeno che non merita commenti);
esecuzione di opere intese a rendere edificabili dette aree (anche qui i
commenti sono superflui); cessioni di partecipazioni sociali (la norma parla
anche di “operazioni a premio”, il che sottintende chiaramente la tangente);
premi derivanti da prove di abilità (il riferimento è senz’altro alla
predeterminazioni dei risultati delle gare d’appalto, ove il sapiente pubblico
amministratore corrotto riesce persino a manipolare le offerte in busta chiusa
e sigillata); assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere (e qui il
riferimento alla bustarella è addirittura di dimensioni monumentali).
L’onesto
pubblico amministratore corrotto dovrà quindi evidenziare nel
quadro L del modello 740 quanto da egli percepito a titolo di tangente,
ed assoggettare detto importo, al netto delle eventuali spese deducibili (fra
cui si ritiene giusto inserire il prezzo del caffè offerto al corresponsore della tangente e gli onorari dell’avvocato
che dovrà in qualche modo rintuzzare le fastidiose accuse dei magistrati), all’Irpef e all’Ilor.
Le
tangenti percepite prima del 1991, e non regolarmente dichiarate ai fini delle
imposte sul reddito, potranno essere tranquillamente condonate presentando le
dichiarazioni integrative di cui alla Legge 413/91.
Seguendo
le indicazioni sin qui riportate, l’illuminato pubblico amministratore corrotto
sarà al riparo da ogni possibile contestazione o addebito. L’unica eccezione -
e ci sia consentito, per completezza di informazione,
di travalicare la sfera fiscale che qui ci compete per passare a quella propria
del diritto civile - riguarda i pubblici amministratori socialisti allorquando
le prestazioni soggette a tangente vengono effettuate con la collaborazione di
soggetti appartenenti ad altre aree politiche: è emerso infatti che, a dispetto
dei riferimenti proporzionali e del detto popolare secondo il quale i ladri non
si derubano fra di loro, i socialisti trattengono comunque una quota di
compenso doppia rispetto a quanto corrisposto ad ogni altro socio. Tutto ciò
costituisce una palese violazione dell’art.2263 Cod.civ.
in tema di ripartizione dei guadagni, e, come tale,
oltremodo deprecabile.
Per
quest’ultimo motivo, grave e immorale, la Voce della presente rubrica
continuerà con fermezza a tuonare contro i socialisti, e niente e nessuno potrà
fermarla, almeno fino a quando non ci verrà concesso
un parcheggio riservato e gratuito all’interno delle mura di San Gimignano.