INSERTO SALUTE
MI SONO ROTTO I COGLIONI
Da alcuni anni il
rapporto medico-paziente e’ mutato radicalmente. Anni
e anni di soprusi medici hanno indotto i pazienti a ribellarsi. Oramai il medico
e’ individuato come prestatore d’opera e quindi e’ richiesto, come a tutti gli
altri professionisti, un risultato.
E su tutto questo poco da ridire ( o almeno
non e’ questo il momento di affrontare tale problema).
La cosa che mi fa
girare di più i coglioni e’
l’informazione da dare al paziente prima di poter accedere alla terapia. Negli
ospedali oramai la mitica fotografia in bianco e nero raffigurante una ficona di infermiera( mai viste
così bone in giro nei reparti che ho frequentato) che
suggeriva di fare silenzio in quanto ci si trovava in un ospedale sono state
rimpiazzate da cartelli inneggianti l’informazione dell’utente. Si, perche’ ora pare brutto chiamarli
pazienti, sono utenti; come se la pazienza non ce l’avessero più e all’ospedale
ci si venisse o per divertirsi o per comperare 1 etto di prosciutto.
Tali cartelli
osannanti il diritto dell’utenza all’informazione recitano
che:
e’ diritto dell’utente sapere tutto sulla
diagnosi, terapia e prognosi
e’ diritto dell’utente essere informato con parole
chiare e precise
e’ diritto dell’utente capire il tutto
e’ diritto dell’utente dire che e’ tutto
chiaro scanso, a posteriori dire che non
aveva capito una sega
e’ diritto dell’utente dire a priori che non
ha capito una sega
etc.etc.
Capisco che il tribunale
del malato e’ sorto come risposta di
alcuni ad anni di soprusi commessi dalla classe medica ma, a mio parere ora si
esagera.
Trovandomi a lavorare
in un reparto di area critica molte volte non ho il
tempo di poter spiegare a fondo la vera natura della patologia acuta in atto e
trovo oltremodo complesso tentare di spiegare a un ottantenne con un dolore
bestiale le basi farmacologiche della terapia che
intendo praticare.
Inoltre credo che un informazione chiara e precisa non sia di giovamento al paziente
acuto.
“ buongiorno gentile medico, ho un dolore in mezzo al petto che pare mi
scoppi”
“ gentile utente non si preoccupi, e’ un infarto col botto”
“ o accidenpolina
che mi va a succedere, ed e’ pericoloso mio caro cerusico”
“ potrebbe essere, gentile utente, che tra un minuto lei sia in viaggio
verso le verdi praterie”
“ o perdindirindina la cosa e’ assai
complessa. E caro cerusico cosa volete mettere in atto
perche’ cio’ non sovvenga?”
“ gentile utente esiste una sola medicina da somministrare MA, cotale
linimento potrebbe causargli un emorragia cerebrale e
lasciarla su un semovibile a rotelle per il resto
della sua vita. Decida un po’ lei e poi già che ci siamo firmi questo splendido
stampato dove garantisce che e’ consapevole della sua malattia, della prognosi
e soprattutto che la terapia che ho intenzione di sommnistrarle può a sua volta accopparla”
Non solo, ma secondo
i legislatori, l’utente dovrebbe anche scegliere tra vari tipi di terapie
proposte, tanto ormai le terapie che si usano ai giorni nostri sono da facile spiegazione e comprensione.
Per
non parlare degli effetti collaterali che devono essere portati a conoscenza
dell’utente uno per uno. Ma
dico io, se uno legge il bugiardino
( se il foglietto illustrativo del farmaco e’ proprio chiamato così una regione ci dovrà pur essere)
dell’aspirina col billo che uno assume il farmaco più
utilizzato al mondo.
Capita
spesso che queste
spiegazioni, date in momenti particolarmente delicati e concitati vengano mal
comprese dall’utente che, spaventato non sa che pesci prendere e allora? Allora
si chiamano i parenti a raduno e così ricomincia la solfa. Tutto il processo
informativo e decisionale porta via tempo prezioso che potrebbe essere
utilizzato in altro modo.
Meno male che
talvolta dopo la prima spiegazione l’utente si
trasforma in paziente e candidamente rivolge al medico una semplice richiesta “
il dottore e’ lei, faccia quel che e’ meglio per me” ( insomma quello che credo
centinaia di migliaia di persone dicano al proprio meccanico quando la macchina
non ne vuole sapere di partire).
Io come credo la gran
parte dei medici messi in questa condizione, utilizzo quello che legalmente e’
chiamato “ il buon senso del padre di famiglia” ovvero pratico tutto ciò che e’
possibile come se sul lettino non ci fosse un estraneo ma i mi’babbo.
Ovvero la persona che e’ davanti a me, che si e’
affidata alle mie cure, diviene il centro di tutte le mie attenzioni e tutto cio’ che faccio e farò e volto solo al suo bene. Che poi questo accada e’ tutto da vedere ma le mie
intenzioni sono tali.
La cosa che mi ha
rotto i coglioni e’ che, secondo il legislatore, il
rapporto tra me e l’utente deve essere di tipo professionale con annessi e
connessi ( fogli da riempire, firme da apporre, permessi da chiedere) e non
quel rapporto che e’ sempre esistito tra paziente e medico il famoso rapporto
di fiducia.
Oramai la mia
professione e’ denigrata da molti e sopportata da tutti ma cosa volete fare
ancora sono legato all’immagine del medico onesto, coscienzioso, umano e soprattutto innamorato del proprio irripetibile mestiere.
Con osservanza Luca