PRE   FAZIONE ( quello che c’era prima del babbo di Fazio)

 

Tutti gli insediamenti abitativi superiori alle tre persone in Toscana devono avere

obbligatoriamente un origine risalente almeno ai romani altrimenti sono esclusivamente luoghi buoni solo per costruirvi discariche. Addirittura I pisesi vaneggiano su origini etrusche del loro orrido tugurio; ed e’ proprio in questa ottica che mi accingo a indagare sulle origini della nobile terra di SG .

Tra i vari autori che hanno indagato sulle origini della città dalle 100 torri non c’è accordo. Secondo alcuni ( Dr. Giomi in testa) il primo centro abitato era certamente nato nel periodo etrusco. Secondo altri. Ceccarini( abile scrittore e profondo conoscitore della storia  urbanistica della nostra grande città ma anche consigliere di forza san gimignano in minuscolo PERDIO)la nascita di SG e’ da inserire nell’alto medioevo.

Va da se’, che per le ragioni descritte all’inizio, sono favorevole a una fondazione etrusca del villaggio che solo in seguito diverrà la SG che noi conosciamo. Questa mia convinzione non deriva’ pero’ solo dal viscerale campanilismo che mi contraddistingue, ma anche dalle teorie del Dr Giomi che, oltre ad essere affascinanti sono, a mio parere, logiche.

Detto cio’ vorrei dare un apporto personale alla questione.

E’ fuori di dubbio che a SG e nelle immediate vicinanze sono state ritrovate numerose tombe risalenti al periodo etrusco. Secondo il Ceccarini ciò non vuol dire niente. Gonzo amico di berlusconi ( minuscolo anch’esso) ma non ti sei mai posto questa domanda?. Ma visto che ci sono le tombe, e dentro le tombe ci stanno i defunti; i defunti quando erano vivi dove diavolo abitavano?.

Immaginate il poero Beppe, contadino etrusco, Totti sua moglie e naturalmente la nonna di Totti.  Quando muore la nonna dove diavolo la inumeranno? Vicino a casa, almeno Totti può andare a portarle i fiori anche tutti i giorni o a qualche chilometro di distanza, almeno al poero Beppe tutte le volte che Totti vuole andare sulla tomba della nonna gli tocca attaccare il carro ai bovi e farsi qualche ora di strada?. La risposta credo sia ovvia e illumini con la sua logica i dubbi creati dall’amico di berlusconi sulle origini etrusche di SG.

 

Questa domanda ci e’ utile anche per capire chi furono i primi abitatori della Repubblica di Ranza e Ciuciano ( RRC) cioè quelli che ci furono progenitori. Orbene anche nella RRC e’ stata ritrovata, e naturalmente razziata dal buon Tinacci, una tomba etrusca. Ergo anche nella RRC ennoci stati gli etruschi e ciò ci fa’ un immenso piacere. ( che forse alcuni otri del buon vino che il Tinacci ci ha dato fino a due anni fa’, quello che sapeva di bosolfito per capirsi, erano stati ritrovati in tale tomba?) MAH!!!!

 

LE ORIGINI ETRUSCHE

 

Visto che SG esiste, anche se qualche turista e’ tutt’ora convinto che sia solo una montatura di cartone ( vedi Natale di qualche anno fa’ ) da qualcuno deve essere stata fondata. E quel qualcuno chi era? La domanda, se pur logica, porge il fianco a numerose interpretazioni e teorie . Allora ripropongo la domanda. CHI HA FONDATO SG ?? PARRUCCA risponderanno i miei piccoli lettori. Non so perché, ma mi sembra di averlo già sentito!

Siamo seri e iniziamo la storia.

 

Prima di analizzare i motivi per cui soprattutto il Dr Giomi ha sposato la tesi etrusca, bisogna fare riferimento a colei che probabilmente ci fu’ madre.: VOLTERRA.

Già nel VI sec. A.C. abbiamo notizie di VELATHRI ovvero antro di VEL ( Dio degli inferi secondo gli etruschi)e ciò la dice lunga sull’ amenità del luogo. All’inizio centro agricolo senza rapporto con le altre lucomonie, ma in continuo sviluppo tante’ che due secoli dopo la città è completamente trasformata. Si e’ notevolmente ingrandita tanto che il perimetro delle sue mura ha superato i 7 Km. A questo punto e’ in grado di espandersi e lo fa verso la costa e verso l’entroterra soprattutto verso le colline metallifere per aggiungere alla sua economia la voce metallurgia. Il Cornocchio ( famoso per i funghi e per il sopraffino e carissimo prosciutto) e’ la piu’ settentrionale delle colline metallifere ed’ e’ anche quella piu’ vicina a Volterra. Il desiderio di nuovi giacimenti di metallo può aver spinto i volterrani verso questa collina. Questa teoria e’ supportata dall’esistenza dell’ antica miniera di Cetina vicino a Camporbiano.

A mio parere pero’ c’è anche un ulteriore motivo che portò gli antichi abitatori di Velathri verso il Cornocchio. Da Volterra lo sguardo spazia sull’orizzonte per chilometri in tutte le direzioni tranne che verso il Cornocchio. Questo rilievo incombe da vicino nascondendo la visuale  dei territori retrostanti e soprattutto, visto l’epoca e la mancanza del telefono, i Volterrani non potevano sapere se oltre quella collina c’era il mare oppure se c’erano altre popolazioni bellicose e quindi pericolose per la loro sicurezza.

Comunque arrivati sul Cornocchio, anche solo per fare una scampagnata e fuggire cosi’ allo stress e al logorio della vita moderna, che cosa vedono il poero Beppe e Totti,  antichi etruschi? NIENTE in quanto si trovarono di fronte una nuova collina ( Il poggio del comune) .E ALLORA CHE FANNO ? Vanno avanti anche perché ,tra il declinare degli alberi posti sullo spartiacque, si intravedono promettenti pianure e ubertose colline ( almeno mi immagino io sul poggio del comune non ci sono mai stato).

Le probabili direttrici quindi dell’ingresso degli etruschi nella Val D’Elsa (VDE) sono dettate dall’orografia delle colline e sono 3; Cellole, Castelvecchio e Gambassi.  Non so se siete a conoscenza che Castelvecchio in linea d’aria e’ quasi sopra la RRC e quindi c’è da pensare che attraverso la nostra terra ( intesa come nazione ,si sa tutti che la terra l’e’ di Tinacci) sia iniziata la colonizzazione della VDE. Le tre direttrici di marcia divengono ben presto vie di comunicazione ricche di case e stazioni di posta.

E’ probabilmente questa l’origine del primo insediamento di SG. In effetti una stazione di posta sulla collina di SG e’ logica in quanto permetteva agli abitanti di dominare la VDE e di tenersi lontani dalle malsane paludi del fondo valle.

Ma perché proprio qui l’originaria stazione di posta si trasforma in un villaggio? La risposta la da’ il Dr Giomi, il motivo e’ da ricercarsi nella religione etrusca.

Per costruire una sede abitativa posta su una collina, gli Etruschi avevano bisogno che il luogo prescelto avesse un preciso andamento orografico che soddisfacesse i dettami religiosi che prevedevano:

parte pianeggiante su cui edificare il centro abitato ( l’area di p.za del Duomo del teatro dei Leggeri della Rognosa)

un rilievo ad occidente su cui sarebbe sorta la necropoli principale ( la Rocca )

un luogo isolato ad oriente che possibilmente dominasse le campagne sottostanti per destinarlo al culto della divinità locale ( l’attuale ex carcere).

Queste caratteristiche del terreno sono comuni a moltissime città etrusche costruite su un rilievo ( Vetulonia,  Populonia, Volterra, Chiusi, Tarquinia).

Probabilmente, visto che la collina di SG su cui era già presente la stazione di posta per i colonizzatori della VDE, rispondeva perfettamente a questi dettami religiosi fu’ chiamato un sacerdote da Volterra ( sicuramente il trisavolo o di Padre Abramo o di fra Romolo) per trarre gli auspici e per tracciare il solco su cui sarebbero state edificate le mura o delle strutture piu’ semplici ( palizzate terrapieni) ; l’aratro sarebbe stato sollevato solo in corrispondenza delle porte che al contrario del perimetro  erano sacre .

I primi edifici furono sicuramente capanne di legno e frasche che già erano state erette in precedenza per la stazione di posta, solo in seguito vennero utilizzati blocchi d’argilla seccati. E’ proprio la sede del primo insediamento etrusco che ci spiega perché  ritrovamenti etruschi in SG sono rari. Nel preciso luogo del villaggio etrusco in seguito e’ sorto il centro della vita di SG; le due piazze del Duomo e della Cisterna e i palazzi che le circondano e quindi le fondamenta etrusche sono state sicuramente inglobate da questi palazzi e nascoste alla nostra vista dagli svariati rimaneggiamenti urbanistici che la zona ha conosciuto nei secoli successivi.

 

Un altra importante prova dell’origine etrusca di SG e’ da ricercare nel nome di una strada sangimignanese VIA DI CAPASSI. Quante volte l’abbiamo percorsa senza domandarsi “ ma perché sta via ha questo strano nome? In effetti I nomi delle strade e le piazze di SG si possono dividere in quattro categorie:

nomi di origine moderna : Via Palestro, Via Cannicci,

nomi originanati da cittadini illustri

Via Folgore, Via Mainardi, Via St.te Guido Tinacci medaglia d’oro sul Carso

Nomi che richiamano le caratteristiche d’uso: p.za del Duomo, p.za della Cisterna, p.za dell’ Erbe ( c’era e c’è tutt’ ora il mercato delle verdure, Via delle Romite ( c’era un convento di clausura), Via degli Innocenti ( c’era una chiesa dove venivano abbandonati gli orfanelli), Via S Matteo e Via S Giovanni dal nome di due chiese oggi Santo Bartolo e San Francesco,

Nomi di derivazioni piu’ antica:

Via del Prunello: da prunus (susino) di cui probabilmente era ricco la zona circostante

Via del Quercecchio da quercia

Vicolo del Corbizzo  dal corniolo

Piandornella da ornus ovvero albero

Via di Forliano da Forum iulianum

Berignano Per ianum ,forse c’era un tempio dedicato a Giove ( questa e’ tirata per i capelli)

Via di Capassi esula da queste regole e chiaramente e’ di origine etrusca ( tanto  per citare un nome che gli assomiglia ricordero’ Capena cittadina laziale. Questa strada lunga e stretta ha un andamento nord - sud e corre parallela a Via S Matteo e costeggia nel suo ultimo tratto ( per capirsi dall’inizio dello sdrucciolo di Parrucca fino all’arco di Goro quello che attualmente e’ ritenuta la prima cinta muraria di SG.)

Ma come ha fatto ad arrivare fino a noi questo nome di Capassi? La faccenda si fa’ complicata.

Ill Dr Giomi afferma di aver scoperto come alcune parole italiane siano di origine etrusca, sarebbero circa 50 e tutte avrebbero un carattere sacrale ( avvoltoio : avis vulturius Uccello di veltur, Istrione: personaggio che svolgeva funzioni propiziatorie, arispice, atrio, ara, cella, vulcano). Probabilmente i romani, pur rifiutando la lingua subirono il fascino misterioso dell’ordinamento rituale etrusco ( ricordatevi quali sono le regole per la fondazione di una citta’ e le loro somiglianze su quanto sappiamo sulla fondazione di Roma da parte di Romolo). Cicerone proponeva “ i prodigi e i portenti vengano affidati agli aurispici etruschi e che il senato ordini che siano i nobili etruschi ad insegnare la disciplina” e Lucrezio citava i Carmina Tirrena che venivano letti dai sacerdoti in lingua etrusca  e da destra a sinistra.

L’imperatore Claudio fondo’ l’ordine dei 60 aurispici ( solo nobili etruschi) e tale ordine fu sciolto da Costantino nel IV sec d.c. in quanto contrario alla fede cristiana. Ma nel 440 d.C. doveva essere ancora efficiente se alcun sacerdoti etruschi di questo ordine offrirono al Papa Innocenzo I il loro aiuto, dichiarandosi pronti a far cadere dei fulmini sulle schiere dei Goti che marciavano su Roma.

Probabilmente quindi molti termini sacrali etruschi sono stati latinizzati dai romani senza essere sostituiti da termini prettamente latini. Inoltre e’ importante ricordare come la Val d’elsa (VDE) sia stata poco influenzata dalla romanizzazione, come e’ dimostrato sia dagli scarsi resti romani nelle nostre terre sia dalla mancanza di importanti vie di comunicazione di origine romana.

Probabilmente via di Capassi era un ramo che si staccava dalla principale via Cellolese. Tale strada proveniva da Cellole, detta anticamente CELA per il nome del tempio che  ivi era stato eretto. Sicuramente l’antica Cellole era un centro abitato di una certa importanza, lo desumiamo dalla notevole quantità di tombe scoperte  anche senza l’avvio di vere campagne di scavo.  Il termine Cellolensis e’ da attribuire al periodo romano o alto medievale e deriva dalla latinizzazione del termine etrusco e dalla abitudine romana di dare a una strada il nome della località che essa raggiungeva ( Volterrana, Prenestina,  Ostiense).

Per quanto riguarda invece la derivazione del nome di Capassi bisogna esaminare alcuni punti.

-                La strada si chiama Cappassi e non Capassese quindi visto le regole prima enunciate, il luogo sacro doveva essere vicino, nell’ambito cittadino come Via del Prunello o del Corbizzo

-                La parola Capassi potrebbe essere formata dall’unione di due parole etrusche e precisamente CAPE e AIS. Cape indica un vaso, un recipiente, comunque un oggetto che contiene qualcosa. AIS significa DIO, inteso come essere superiore. A tale proposito e’ singolare che molti centri in Toscana e nel Lazio settentrionale hanno nomi contenenti il termine AXIA (  altro termine etrusco indicante Dio) S Giovanni d’Asso, Castello d’Asso, Gambassi, Assisi, Asciano. Orbene torniamo a noi, CAPE AIS ovvero contenente Dio, e cosa può contenere Dio; ma un tempio, risponderanno i miei piccoli lettori, aridagliè!.

E’ proprio questa la teoria del Giomi, che esistesse nel periodo etrusco un tempio dedicato a una divinità del luogo e che fosse ubicato sul promontorio dove in seguito sarebbe sorto prima il castello del vescovo e in seguito il vecchio carcere e che via di Capassi lo collegasse alla via Cellolese. Attenzione ricordatevi quali erano gli ordinamenti religiosi per la fondazione di villaggi, era necessario una zona ad oriente isolata e dominante sul territorio sottostante ad uso religioso. La descrizione calza perfettamente con la zona del vecchio carcere in relazione ad un villaggio posto nella zona delle due piazze.  Questa teoria trova conforto nel ritrovamento avvenuto nel 1524 nell’area del convento domenicano sorto sul promontorio in questione. Anche il Pecori né fa menzione “ dov’era già il convento dei domenicani si scoperse un ipogeo  a forma di tempietto con 5 are e con al suolo idoletti e monete del periodo imperiale di Tiberio”. Dai racconti dell’epoca si evince che il tempietto aveva una dimensione ragguardevole ( 7.5m X 5 m) ed era composto da 5 cappelle. Ognuna delle cappelle aveva al centro un altare con sopra un idolo e nel mezzo della struttura religiosa era sito una grande pila che fu poi usata dai frati per mettere l’acqua benedetta ( splendido esempio di riciclaggio degno del miglior Tinacci).

Questo non è sicuramente un ritrovamento comune, sia per SG che per i territori circostanti, dove le tombe abbondano, ma sono più piccole e di arredamento modesto.  Siamo quindi di fronte a un piccolo tempio ad ipogeo, unico in un raggio di molti chilometri che non ha al suo interno sarcofagi  o tombe ma altari, idoli e pila centrale.

Il Dr Giomi analizza in chiave etrusca anche il primitivo nome di SG cioe’ SILVIA ( capito brutti boti perché la mia adorata figlia si chiama così).  Secondo molti studiosi di storia Sangimignanese il nome di Silvia deriverebbe dai boschi rigogliosi che si trovavano a circondare il piccolo villaggio e su questo niente da dire MA!!  SELVAN era il dio dei boschi degli etruschi ; e’ ricordato assieme ad altri undici nomi di divinità nel famoso Fegato di Piacenza (che non credo fosse una variante del fegato alla veneziana) e fu anche onorato a Roma con il nome di Silvano (   a questo punto sono morto dal ridere a pensare al buon Silvano che dava fuoco ai boschi intorno a Ciuciano, che sacrilegio).  Naturalmente il Dr Giomi trae da questo dato la convinzione che il nome di Silvia derivi dal dio dei boschi, e per quello che può contare ne sono convinto anch’io.

Torniamo quindi alla vita del piccolo villaggio etrusco di Silvia per vedere cosa vi succede. La vita continua tranquilla, la campagna fertile e produttiva, la lontananza dalle zone calde dove avvenivano gli scontri armati consentivano al poero Beppe, a sua moglie Totti e alla nonna di Totti ( muore, muore state tranquilli) e ai loro compaesani di condurre una vita tranquilla che si divideva tra il lavoro nei campi, la produzione artigiana di utensili, la caccia, la religione e le cene presso la taverna del Sudicio.

A questo punto dobbiamo introdurre la teoria dell’origine romana di SG.

Secondo alcuni scrittori di cose sangimigananesi ( Pecori, Coppi) il primitivo villaggio di Silvia sarebbe stato fondato da Silvio ( quale originalita’) che assieme a un suo amico tale Muzio sarebe giunto in VDE proveniente da Roma. Colpiti dalla bellezza dei luoghi i due capitolini avrebbero fondato due castelli su due colline vicine e precisamente il castello di Silvia e quello di Mucchio. Il secondo e’ ormai famoso in quanto il buon Tinacci alla fine di Agosto vi si reca ospite del primo ministro inglese Blair. Per quanto mi riguarda Mucchio mi e’ cara in quanto mio nonno Rutilio ebbe balia in tal luogo.

Ma perche’ i due romani sarebbero arrivati in VDE? Secondo alcuni perche’ fuggivano dalla capitale in quanto fedeli alla causa di Mario, secondo altri erano in fuga per tema di un epidemia di peste. Per il Coppi, Silvio era un generale dell’esercito imperiale di Augusto  ed era stato mandato a fondare un castello in VDE per tenere d’occhio da vicino Volterra che si era schierata con Catilina.    

La totalita’ degli studiosi moderni considera’ queste teorie solo fanfalucche.

Come abbiamo già detto anche la romanizzazione deve essere stata indolore visto che anche Volterra non subì assedi o attacchi da parte dei romani conquistatori ma si trasformo’ da lucomonia etrusca a civitas romana in modo graduale e indolore. Uno scossone al quieto vivere fu probabilmente causata dalla seconda guerra Punica e dalla calata di Annibale in Italia. L’esercito dei cartaginesi passo’ da Firenze ed Arezzo quindi non molto lontano. Passato il casino, tutto ritornò come prima sino al primo secolo a.C.

La colpa fu della guerra civile tra Mario e Silla ( a me personalmente Silla m’e’ sempre rimasto sul culo). Volterra si schierò dalla parte favorevole a Mario e per tale motivo fu messa sotto assedio per anni dalle truppe fedeli a Silla che alla fine la conquistarono. Anche se il villaggio di Silvia non fu direttamente interessato dai combattimenti ne subì dei danni indiretti in quanto a seguito dell’annientamento della fazione di Mario, molte terre della VDE ( che a quanto pare tifava Mario) furono espropriate ed assegnate ai veterani di Silla e tutto il territorio Volterrano (di cui Silvia faceva parte) fu dichiarato colonia con le conseguenza immaginabili.

Una campagna promozionale diretta a commuovere l’opinione pubblica sulla tragica condizione di Volterra fu promossa da Cicerone che sensibilizzò il senato romano, ma si dovette arrivare ad Augusto per il superamento della crisi e la nuova valorizzazione di Volterra che fu riconosciuta a capo di un vasto Municipium con confini non molto dissimili da quelli dell’antica lucumonia.

Le grandi vie di comunicazione continuarono comunque a mancare, la Cassia e l’Aurelia erano lontane ( il tracciato originale della Cassia non passava da Siena come ora ma da Arezzo e Chiusi). Il villaggio di Selvan vide latinizzare il suo nome in Silvia ma fu l’unico segno della romanizzazione. Cosi’ lontana dalle principali vie di comunicazione Volterra e il suo territorio decadde in poche decine di anni e cosi’ la potente lucumonia del periodo etrusco divenne un centro urbano di seconda categoria.

La religione cristiana arrivo’ a Volterra e nelle campagne vicine molto presto visto che il secondo Papa dopo Pietro fu San Lino straniero di nascita ma Volterrano di adozione, che introdusse il cristianesimo nella Val d’Era e nella VDE e una volta Papa elevo’ Volterra a sede vescovile.

Torniamo a Silvia.   Non appena il cristianesimo si faceva strada nella popolazione era uso trasformare i vecchi templi pagani in centri di culto cristiano ( vedi il Battistero di Firenze che anticamente era un tempio dedicato a Marte) e stessa sorte seguì anche l’antico tempio dedicato a Selvan che divenne così la prima Chiesa di SG con il nome di Santo Stefano.

Un ritorno all’antica grandezza parve avverarsi quando nel 290 d.C. Diocleziano, per dare ordine a uno stato in disfacimento, istituì le diocesi amministrative e una di queste fu Volterra. I vantaggi furono modesti e un secolo dopo le diocesi amministrative furono trasformate in diocesi episcopali. Ciò ufficializzava il potere dei vescovi che rimase l’unico esistente da quando l’impero di oriente abbandono’ l’Italia in balia dei barbari che, dopo aver premuto per secoli ai confini naturali delle Alpi, erano scesi nella valle del Po e da qui in tutta Italia.

Furono i vescovi a proteggere le citta’ e le popolazioni contro le orde barbariche; un nobile esempio fu San Geminiano vescovo guerriero di Modena che nel 480 difese la propria città dai barbari.

Nonostante le numerose scorrerie dei barbari, che continuano a tutt’oggi da marzo a Settembre con l’arrivo di una moltitudine di stranieri, ( che Dio inculi loro e le loro belle macchinine) la VDE era lontana dalle principali vie di comunicazione e non fu toccata sino all’arrivo dei Longobardi.

E’ di questo periodo la leggenda che vuole che San Geminiano ( il Vescovo ) sia apparso ai soldati che difendevano Silvia dall’arrivo di Totila.

 

PERIODO LONGOBARDO E FRANCO

 

Togliamoci subito l’onere di riportare l’unica fonte che data l’origine di SG a questo periodo.  La riporta il Coppi nel suo libro “ Annali e huomini illustri di San Geminiano”  a pag 147 quando riferisce che tale padre Giovanni Bellando della compagnia di Gesu’ ( bocce ) nel commento che fece sulla vita di Santa Fina afferma che l’origine di SG e’ da far risalire a Desiderio Re dei Longobardi. Anche il Coppi pero’ non ne e’ convinto; al massimo assegna a Desiderio il merito di aver fortificato maggiormente l’antico castello romano.

Prendiamo in esame ora chi fossero i Longobardi ( o longobarbi visto che il loro nome deriva dalle lunghe barbe che sfoggiavano e che colpirono molto le popolazioni italiane e Aurelio il mio parrucchiere di fiducia)

La loro storia inizia circa 2000 anni fa alle foci dell’Elba dove per la prima volta combattono contro le legioni di Tiberio e vennero sconfitti. Non erano però indigeni, provenivano dal nord pare addirittura dalla Scandinavia ( che siano loro ad aver inventato i filetti di capitan findus?). Erano rozzi e crudeli , ma con orgoglio di razza e spirito indipendente( come i francesi), vagarono da una contrada all’altra portando morte e distruzione. Gli stessi romani si guardarono bene dal conquistarli e si limitarono a controllarli. Dopo secoli di peregrinazioni si stabilirono nel medio Danubio e lì rimasero per lungo tempo. Nel 568 le orde longobarde superarono i valichi alpini e strariparono nella pianura friulana dove sostarono a Cividale per circa 1 anno, Arrivata la buona stagione si diressero verso la Lombardia, conquistarono Pavia e  ne fecero la loro capitale. Nel 572 inizio’ l’invasione della Toscana e stavolta i barbari arrivarono anche a Silvia.

Il piccolo villaggio probabilmente fu raso al suolo ( abitudine deprecabile tipica dei Longobardi)come moltissimi altri villaggi. In tutta la Toscana la situazione era drammatica. I Vescovi non avevano la forza militare e si accontentavano di tenere insieme un gregge spaurito che cercava riparo nella fuga nei boschi. In Toscana vennero formati, dal punto di vista amministrativo, almeno due ducati: Lucca e Firenze.  A Volterra c’era un Gastaldione ( dipendente del Duca). Finalmente ascese al trono Autari che ebbe come merito quello di aver impalmato Teodolinda. Tramite lei i Longobardi si convertirono al cattolicesimo e ingentilirono i loro costumi permettendo cosi’ un lento ritorno dei profughi nei loro villaggi.

Probabilmente del vecchio insediamento rimane ben poco oltre ai ruderi di una vecchia chiesa sita sul promontorio ad oriente ( la chiesa di Santo Stefano ) che riprende la propria funzione e attorno a questa iniziano a sorgere prima le capanne e poi le case dei nuovi abitanti del villaggio di Silvia che probabilmente non si chiama piu’ cosi’.

Ma la vita inizia ora PERDIO!

E’ proprio in questo periodo che si viene a formare colei che dara’ a SG impulso negli anni a venire LA VIA FRANCIGENA, una delle principali vie di comunicazione dell’Europa medievale. Le antiche arterie viarie romane o erano andate distrutte dal tempo oppure passavano per luoghi malsani a causa delle paludi che si erano riformate nelle pianure alluvionali e lungo i fiumi per l’ incuria delle popolazioni che avevano altro da fare che stare a sbadilare per permettere ai viandanti di fare un buon viaggio.

Occorre, quindi, fare una piccola sosta nel nostro racconto per approfondire piu attentamente l’argomento Francigena.

Prima cosa da dire:

Caro fANTINI lo vedi che Francigena con la francia ( minuscolo) e con i francesi non c’entra proprio nulla. Forse il nome le deriva dal fatto che alcuni pellegrini che passavano per questa via  andavano in francia , ma non puoi dire che SG e l’odiata patria dei galletti hanno qualcosa in comune: sarebbe come dire che chi va a Cuba e’ comunista ( a buon intenditore poche parole e la natura ti ha fornito di tutto ciò che ti occorre per udire bene).

Riprendiamo il percorso serio della narrazione:

La Francigena e’ riconosciuta unanimamente come la principale arteria di comunicazione tra il sud  e il nord  d’ Italia e da qui per l’Europa sino all’Inghilterra. Era percorsa da un gran numero di viandanti ma soprattutto da pellegrini che dal nord si portavano ai porti del sud per imbarcarsi per la Terra Santa. Nacque nel periodo longobardo in quanto, con la spartizione d’ Italia tra Longobardi e Bizantini, il sistema delle vie consolari che si irradiava da Roma risultava inutilizzabile per gli itinerari che portavano da Roma alla padania. La via Aurelia non poteva essere percorsa perche’ si snodava lungo la costa tirrenica in mano ai bizantini. Anche la Cassia era interdetta in quanto transitava da Chiusi e Arezzo diretta a Firenze e svolgeva parte del suo percorso nella Val di Chiana ove i Bizantini e i Longobardi si fronteggiavano ed era considerata territorio militare altamente insicuro per i traffici commerciali. Da qui la necessita’ di realizzare un corridoio più interno che permettesse il collegamento tra il regno di Pavia e i ducati meridionali di Spoleto e Benevento.

L’utilizzazione della VDE, quale zona per parte del tracciato toscano della Francigena ,era naturale più che per la vecchia rete viaria romana ( praticamente inesistente), per la natura collinare della zona che permetteva di evitare il fondovalle paludoso.

Sul percorso della Francigena nel territorio di SG c’e’ qualche diatriba. Secondo un poero boto poggibonsese, tale R.Stopani, il tracciato principale della Francigena era parallelo al corso del fiume Elsa e si svolgeva nel fondo valle; mentre il tratto sangimignanese della Francigena era solo una diramazione.

E’ GIA’ I VIANDANTI ERANO UN BRANCO DI FAVE!!!!!! E per fare contento lo Stopani amavano passare nelle paludi che regnavano nel fondovalle invece che lungo le colline distanti dai miasmi e dai pantani. E’ lo stesso Stopani che ci da’ la prova che cio’ non era possibile quando afferma che le prime opere di bonifica del fondovalle iniziarono non prima del 1100). E poi ci dovrebbe spiegare come mai, quando a poggibonsi( straminuscolo) c’erano solo 4 fave, a SG erano gia’ presenti Chiese dei Templari e mansioni dell’ordine dei Gerosolimitani.

La fonte che comunque taglia la testa al toro e le corna allo Stopani ci arriva da Sigeric, arcivescovo di Canterbury, che transito’ nel 990 nelle nostre terre percorrendo la Francigena che scorreva lungo il crinale collinare a sinistra dell’ Elsa e cioe’ quello che passava per Chianni, SG, Campiglia, Colle etc.etc. e che proprio da lui prende il nome di tracciato Sigeriano.   

Il tracciato nominato dallo Stopani inizia ad avere importanza dopo il 1100 cioe’ quando le paludi sono bonificate e vengono costruiti i primi ponti in muratura sull’Elsa.

Ma perche’ SG e’ sorta proprio lì dove NOI l’ abbiamo trovata?

Per rispondere alla domanda dobbiamo parlare di un'altra via di comunicazione, la Via del mare e precisamente la via verso pisa ( naturalmente minuscolo) che purtroppo inizia in questo periodo il cammino che la portera’ a divenire una delle 4 repubbliche marinare ( Meloria ale’, Meloria ale’, Forza Meloria,  Meloria ale’ ale’).

Vi ricordate le tre vie di colonizzazione etrusca  della VDE ( Castelvecchio, Cellole e Gambassi), una di esse ha avuto un enorme sviluppo ( SG, Cellole, Larniano, Camporbiano, Castagno, Montignoso, Villamagna, Capannoli, Ponsacco, Pontedera, pisa) tanto da divenire la via di accesso al mare per la toscana centrale e soprattutto per i senesi che dovevano evitare, a causa degli iniziali attriti, i territori sotto l’influenza fiorentina.

Ed e’ probabilmente nella zona di snodo tra la Francigena e la Via pisana che sorge quella prima stazione di posta che dara’ origine alla nostra SG. Stazione di posta formata da poche taverne che si affacciano su uno spiazzo dove al centro i Longobardi hanno piantato un olmo ( albero per loro sacro).

A questo punto la primitiva SG e’ fatta. Ad oriente  la chiesa di S Stefano circondata dalle casupole dei contadini, una strada in mezzo al bosco che porta ad una piazza che inizia ad essere circondata da taverne e botteghe, Insomma i bottegai a SG ci sono sempre stati, e sicuramente uno di questi era il trisavolo di Parrucca. In questa piazza arrivano i viandanti e i pellegrini di tutta Europa portando con loro notizie, mercanzia e nuove idee. Ben presto la stazione di posta assume un’ importanza economica e sociale enorme e sara’ il vero carro trainante nelle prime ore di storia della nostra SG.

Frattanto la vita del poero Beppe e dei suoi amici, abitanti come lui intorno alla Chiesa si S Stefano, non e’ facile. Lavorare la terra, riparare gli attrezzi da lavoro e non avere nemmeno un attimo di divertimento ( la taverna del Sudicio era andata distrutta). Le donne poi che palle! Totti tutto il giorno a giro per i campi a cercare il luogo dove seppellire la nonna…..  E la nonna? Tutto il giorno a cercare la tomba di una sua progenitrice etrusca sicura di trovare nel tumulo un favoloso tesoro. Il padrone e’ uno straniero che ha diritto a tutto ( ha rifiutato lo ius primae noctis su Totti naturalmente), la cultura è in mano a un povero prete( della famiglia degli Abrami o dei Romoli) che ha contatti saltuari con il suo Vescovo a Volterra.

Arriviamo cosi’ allVIII secolo, il regno longobardo si avviava al tramonto, il potere centrale si faceva sempre più debole e i signorotti locali iniziarono a farsi guerra per aumentare il loro territorio e quindi il loro potere e la loro ricchezza. Il crocevia tra la Francigena e la pisana con la stazione di posta era un boccone appetitoso e andava quindi protetto. E’ probabilmente in questo periodo che il signore longobardo di SG sente l’esigenza di costruire una sorta di fortino per difendere la stazione di posta e lo edifica sul colle occidentale. Suggestivo e’ che il signore abbia nome Astolfo e che quindi il colle su cui edifica il fortilizio prenda il nome di MONS ASTULFI arrivato a noi come Montestaffoli che e’ l’attuale nome del colle su cui sorge la Rocca.

La fine del regno Longobardo coincide con l’inizio della parabola ascendente di un nuovo astro Carlo MARX ops…. Magno. E’ il re guerriero, il restauratore dell’impero romano, il paladino della Chiesa( per quanto mi riguarda e’ solo un sudicio francese).

La vera importanza di questo personaggio e’ stato l’ordinamento amministrativo che dette al vasto impero che venne ripartito tra i suoi generali ai quali l’imperatore riconosce una specifica competenza territoriale in cambio dell’obbedienza e della sudditanza. Siamo arrivati alla nascita del feudalesimo.

Probabilmente C. Magno passa a SG durante i suoi viaggi verso Roma. La Francigena continua ad essere l’unica via percorribile dal nord a Roma. Questa affermazione potrebbe anche essere non vera, ma come si spiega allora che storicamente e’ riconosciuto il passaggio di Carletto da Villamagna ( ricordatevi le tappe della via Pisana SG, Cellole, etc. Villamagna e’ una di queste)

Secondo fonti storiche attendibilissime, Guidone, C.Magno e’ transitato anche attraverso la RRC. La notizia mi lascia dubbioso ma se voglio laurearmi in Storia all' Università di RRC devo, obbligatoriamente, tenere conto delle teorie del mio relatore.

E’ in questo periodo che l’agglomerato abitativo intorno a S Stefano viene cinto da mura trasformandolo quindi in castello. Ma perche’ questa trasfromazione? TASSE, miei cari amici, TASSE. All’interno della Chiesa di S Stefano viene custodito un bene troppo importante per il feudatario il FRODUM ( non e’ che questo nome ha poi influenzato la lingua italiana?). Il frodum era la tassa in foraggio che il feudatario doveva come simbolo di sudditanza all’imperatore e gli ecclesiastici erano direttamente responsabili della raccolta e della conservazione di esso. Il frodum era conservato in una struttura che prendeva il nome di CANUA o Canova che naturalmente era vicino a una Chiesa. Nel caso di S Stefano la canua era nei sotteranei della struttura ecclesiastica.  Proprio per questo fatto il nome diviene S Stefano in Canova. Il primitivo tempio di Selvan si e’ trasformato in un castello dove risiede il potere amministrativo della primitiva SG.

E’ sempre in questo periodo che la piazza della stazione di posta prende il nome di Piazza delle Taverne. Tale nome pero’ non deriva dalle botteghe che vi si affacciano, ma dalla terminologia stradale romana stabilita nel 250 d.C. dalla Tabula Puetingeriana  che ora torna di moda.

Tale terminologia imponeva la classificazione dei posti di tappa in

-     MANSIONES semplici edifici isolati dove era possibile trovare ristoro e riparo per la notte

-                MUTATIONES dove era possibile anche trovare il cambio per la propria cavalcatura

-                 TABERNAE vere e proprie strutture costituite da più locande e botteghe dove, oltre che al mangiare  e cambiare la cavalcatura, era possibile ottenere altri servizi non ultimo quello di poter dormire sicuro in quanto protetti dalle scorribande dei malviventi.

Dopo la morte di C. Magno e C. Martello, suo figlio, iniziò lo sfaldamento dell’impero; l’ imperatore era lontano e debole politicamente e i feudatari e anche i vassalli si sentirono investiti del potere assoluto sui loro possedimenti alla stregua di veri e propri regnanti. Si dette così il via a tutta quella sequela di guerre e guerricciole che mi stavano tanto sul culo quando mi toccava studiarle sui libri di storia.

Questo processo di indebolimento del potere imperiale fu facilitato dalla papato che vide accrescere la sua influenza politica negli affari italiani grazie anche all’arma della scomunica; Mi spiego.

Se un feudatario veniva scomunicato perdeva immediatamente la ragione della sua investitura alla carica di signore del luogo. In effetti i feudatari erano tali perche’ nominati dall’imperatore che a sua volta era tale solo per grazia di DIO. Se il Papa decideva che Guidone, signore della RRC, era scomodo politicamente, bastava che lo scomunicasse perche’ agli occhi del popolo fosse decaduto dalla carica di sommo reggente del potere. Potrebbe sembrare una questione da nulla ma non era cosi’ perché se ad esempio, Ser Silvano della famiglia dei Botti aveva in animo di sostituirsi al legittimo signore della RRC, aveva la scusa buona per iniziare una guerra di conquista. 

“ Dio non vuole che Guidone sia sire della RRC  e quindi IO Ser Silvano vi liberero’ dal potere dell’eretico briccone”. Piu’ o meno erano questi i discorsi che venivano fatti a seguito di una scomunica. La situazione storica era quindi alquanto ingarbugliata. Ma non e’ finita qui.

Aggiungete a questo stato di cose il fatto che ancora i testamenti non erano stati inventati “e nemmeno le tasse di successione” aggiungerebbe il buon Fantini ( stavolta maiuscolo in quanto mio commercialista). I diritti di successione erano estremamente labili e aleatori. Bastava ad esempio che una delle sorelle di Totti si alzasse una bella mattina e proclamasse che il podere di Larniano lasciato dalla nonna a Totti ( avete visto che e’ morta anche stavolta) gli era stato promesso in punto di morte dall’orrida vecchia perche’ al poero Beppe cominciassero a girare i coglioni in quanto doveva difendere con zappa e falce il podere di Totti dalla nuova pretendente e dalla di lei famiglia.

In questo bailame chi ci guadagnò fu la Chiesa ( nova ) I vescovi. quali legati del Papa iniziarono subdolamente a sostituirsi di fatto nella gestione dello stato ai vari signori e signorotti impegnati a farsi guerra.  Addirittura il Papa delegò ai vescovi il potere di investire, per conto di Dio, il feudatario che diviene cosi’ ricattabile da parte dell’alto prelato.

Il  papato, tramite i vescovi, ebbe cosi’ il potere di decidere chi avrebbe retto le sorti dell’Italia nei secoli futuri e le conseguenze si scontano ancora ai giorni nostri.

Passano gli anni e agli inizi del 900 troviamo SG sottomessa anch’essa al potere del Vescovo di Volterra che gestisce a suo piacimento il potere temporale sulla nostra patria e nel circondario. Incassa le tasse, e’ giudice supremo nelle questioni legali del territorio, emana editti e leggi, probabilmente tromba come un micco; insomma e’ un vero e proprio Re.

Torniamo a SG e diamo un’ occhiata al nuovo assetto territoriale.

1)  Ad ORIENTE abbiamo un castello, centro del potere amministrativo, politico, militare e religioso. Le mura del castello circondano:

 la Chiesa di Santo Stefano in Canova;

 la Canova che continua a contenere le tasse in natura che i contadini versano al Vescovo;

il palazzo dove il vescovo soggiorna durante le sue visite a SG;

gli alloggiamenti della guarnigione militare.

Tale castello ha una sola uscita, praticamente quella attuale, ed e’ circondato da un fossato. Da questo momento tale castello prendera’ il nome di CASTELLO DEL VESCOVO.

2)              Dal palazzo si snoda una strada che inizia ad essere circondata da edifici piu o meno imponenti usati come abitazione dai primi sangimignanesi. Questa strada e’ l’attuale Via di Castello unanimemente riconosciuto  come il piu’ antico tracciato di SG.

3)              Questa strada si apre, più in alto, in una piazza con al centro un olmo e circondata da taverne, locande, botteghe di artigiani, mescite di vini e, conoscendo l’indole dei sangimignanesi ,anche da banchi di cambio e di pegno.

4)              Vicino a tale piazza sorge una Chiesa per i bisogni spirituali dei viandanti che non possono usufruire, per motivi di sicurezza e di igiene, di quella di S Stefano in Canova racchiusa all’interno del castello del vescovo. E’ probabilmente questa Chiesa intitolata a San Gimignano che generera’ il nome della nostra Citta’. La stazione di posta sicuramente era conosciuta tra i viandanti e quindi in Europa con il nome della Chiesa di San Gimignano. Le primitive guide Michelin avranno riportato quindi la dizione:

OSTARIA FIORENZORUM : bona et amabilissima. Desinae et cenae cum giaciglium in pagliae soldi 3. In viae Francigene adiacente San Gimignano .

Il centro di culto è ubicato più o meno dove ora sorge il Duomo ( anzi probabilmente ne e’ stato inglobato nella costruzione effettuata nel 1200) ma la facciata e quindi le porte di entrata e uscita erano rivolte verso Montestaffoli. Probabilmente il sagrato era prospiciente a uno spozio libero usato dai sangimignanesi per il mercato ( secondo il Dr. Giomi anticamente tale spazio era il Forum Iuliani).

5)              Oltre lo spazio del mercato é presente un centro abitato più o meno fortificato Montestaffoli. Tale centro pur perdendo la sua funzione di sentinella su piazza delle taverne in quanto sostituito dal Castello del Vescovo, continua ad esistere e anzi ha una sua autonomia rispetto al resto del centro urbano. Prova ne e’ che gli abitanti di Montestaffoli saranno esentati dal giuramento dell’ INSTRUMENTUM FRANCHESE ( fANTINI non vuol dire francese) a cui invece sono sottoposti tutti gli abitanti di SG e non verra’ incluso nella prima cinta muraria.

 

Siamo arrivati alle ore 24 del 29.08.929.

La notte e’ scesa ad abbracciare gli edifici della primitiva SG. Il ponte levatoio sul fossato del Castello del Vescovo e’ gia’ stato ritirato al tramonto. Sugli spalti sono presenti solo poche sentinelle. Tutto e’ silenzio tranne in P.zza delle Taverne. Ser Parruccha ha da poco chiuso il suo famoso negozio e Ser Fiorenzo tira tardi con i clienti più nottambuli nella sua taverna. Dall’osteria del Sudicio ( da poco riaperta) si sentono canti dedicati a Ser Fanfulla da Lodi intonati da una compagnia di saltimbanchi conosciuto in tutta Europa come I SAGGI. Le campane delle chiese di Santo Stefano e San Gimignano rintoccano la mezzanotte. I grilli la fanno da padroni nella notte sangimignanese allietando il sonno degli abitanti. Ma nella via di Castello da una finestrella si scorge ancora la luce di una lampada od olio, qualcuno e’ ancora sveglio. Si odono rumori di stoviglie rotte e di mobili di legno spezzati da poderosi cazzotti. Un urlo squarcia la notte mettendo in allarme le sentinelle sugli spalti del castello.

“BASTA, PORCA TROIA, ORA TU M’HA ROTTO I COGLIONI TE, LA TU’ NONNA E QUELLA FAVA DELLA TU SORELLA!!!”

Al poero Beppe continuano a girare i coglioni per quel podere a Larniano, poveretto!.

E’una notte importante domani,30.08.929 qualcuno scrivera’ un documento, il primo, in cui compare il nome di San Gimignano. La storia scritta conoscera’ finalmente quello che per noi, assieme alla RRC, e’ il centro del mondo: la nostra terra sangimignanese vedra’ l’alba della storia.

Ugo di Provenza, re ( si fa per dire) d’Italia concede ad Adelardo, vescovo di Volterra il dominio sul monte “ QUI DICITUR TURRIS DE IURE REGNI NOSTRI ET COMITATU VOLTERRAE, PERTINENTEM PROPE SANCTO GEMINIANO ADIACENTE”.

 

Termina cosi’ questa parte del mio lavoro, alla prossima

 

Luca