Dedicato ad un raggio di sole.

 

 E' un piccolo pezzo d'acciaio, lavorato in serie al tornio, del valore di poche lire, che si trova in tutte le auto del mondo. Come in mille altre occasioni, anche per questa volta, una piccola cosa significò tanto, forse troppo.

 

La sosta

 

 

 La riparazione aveva richiesto molto più tempo del previsto, quella spia rossa apparsa sul cruscotto aveva interrotto, la piacevole monotonia del viaggio in autostrada. La decisione di raggiungere le famiglie dopo qualche giorno era dovuta ad improvvisi impegni di lavoro e ad una patetica semifinale di un torneo di calcio.

 Il tramonto dipinto nell'aria gelida, pulita dal forte vento, esibiva un sole colorato di un rosso dalle mille sfumature che vestiva di romantico quella situazione imbarazzante. La noiosa attesa, trascorsa nei chiassosi locali dell'autogrill, aveva risvegliato in loro uno spirito giovanile che, loro per primi, non si aspettavano.

 Riuscirono a ridere di tutto e di tutti, criticando la fauna umana che incontravano nei corridoi, esagerando nel perseguitare certe figure particolarmente grottesche.

 Intervallarono questi momenti di pazzia con una pausa trascorsa al tavolino, rifocillandosi con una cioccolata bollente, terminata pulendo le tazze con le dita, succhiate poi languidamente. Il tempo scorreva fin troppo piacevolmente, date le circostanze, e quando apparve la sagoma in tuta blu che li cercava tra i presenti, per un attimo, ebbero l'istinto di nascondersi. 

 Dopo che il meccanico ebbe riconsegnato la vettura, iniziò un rapido giro di telefonate per decidere il da farsi, non era, infatti, il caso di terminare il viaggio di notte con il pericolo di neve e ghiaccio. La destinazione di montagna presentava molti rischi e nessuno aveva voglia di correrli.

 La decisione di fermarsi a trascorrere la notte lungo la strada fu presa senza alcun problema.

 

Loro in fondo erano amici.

 

Si era fatta notte, una notte senza luna, con l'aria gelida del nord che trasportava piccoli fiocchi di neve, lei indossava un paio di pantaloni elasticizzati completati dagli stivali, alti quasi al ginocchio e una camicia bianca con sopra un cardigan di almeno tre misure più grande, che le dava un tocco d'eleganza e comodità fin troppo gradevole.

 I capelli, corti, forse troppo corti, reagivano appena sotto le folate di vento.

 Nel complesso la sua figura era giusta e proporzionata, le linee del corpo spiccavano tra le pieghe del maglione e il sorriso, unico e inconfondibile attirava il suo sguardo, a volte quasi invadente. 

 Lui abbinava i soliti jeans malridotti con scarponi da montagna ed un maglione irlandese a collo alto che regalava un senso di calore indispensabile.

 Conosceva la zona e dopo pochi chilometri di noiosa autostrada iniziarono a cercare un posto carino per la notte.

 Scartarono subito l'ipotesi albergo, troppo banale, preferendo un agriturismo, che forse avrebbe offerto un clima più naturale alle circostanze.

 Notando il cartello "Il vecchio carro", svoltarono per una strada sterrata che s’inoltrava in un fitto bosco. Lei si preoccupò per l'eventuale chiusura, data la stagione, ma non riuscì a dissuaderlo dal procedere. La scontata battuta sulle sue reali intenzioni non arrivò, ne sorrise ma lei non se n'accorse.

 La lama di luce creata dai fari tagliava il buio della notte creando un confine quasi solido tra la strada illuminata e gli alberi.

 Era un'atmosfera strana, dove solo il rumore della ghiaia sotto le ruote rompeva quell'insolito silenzio carico di curiosità.

 Ad ogni curva, i loro occhi si preparavano a scoprire un animale strano fermo in mezzo alla strada, o una qualche figura vagamente collegabile alle streghe. Quasi non si accorse che lei lo aveva afferrato per un braccio, aveva un tocco leggero che apprezzò molto. 

 Poi, dopo l'ennesima curva, alla fine di una breve salita, apparve la sagoma e le luci di un casolare tipico delle colline sopra Firenze e i due tornarono alla realtà, una piacevole realtà.

 Lasciarono la macchina al coperto di un vecchio fienile e, presi i bagagli, si diressero rapidamente verso la casa, evitando il freddo pungente. Da vicino dimostrava la sua età secolare, anche se si notavano i segni d'interventi recenti, il massiccio portone di quercia si aprì lasciando filtrare un tepore profumato dal fuoco del camino.

 L'accoglienza fu calda e familiare anche se, a quell'ora e con quel tempo, non erano in attesa di altri clienti.

 La signora, con un marcato accento toscano, li informò sorridendo che per il momento non vi erano stanze libere, tranne una che, seppur prenotata, non era stata ancora occupata. Propose loro di fermarsi a mangiare qualcosa e se, alla fine non si fosse fatto vivo nessuno, avrebbe dato loro la camera.

 Istintivamente lei avrebbe preferito ripartire per trovare una soluzione più sicura ma la tranquillità che lui le trasmise la indusse ad accettare la situazione.

 Appesero i cappotti e, dopo una capatina in bagno, si prepararono per la cena. La sala da pranzo era piccola e accogliente, arredata con semplicità e completata da un camino enorme, sovrastato da una massiccia trave di quercia, testimone di secoli di vita familiare trascorsi intorno ad un fuoco identico a quello che scoppiettava in quel momento.

 Erano soli, scelsero il tavolo più vicino al fuoco, seduti uno davanti all'altro, divisi da una candela che bruciava tremolante dalla cima di una bottiglia quasi tutta coperta di cera sciolta, e trascorsero alcuni minuti parlando a bassa voce con molta calma e intimità.

 

 Loro erano buoni amici.

 

 La danza di luce prodotta dalle due fiamme le dipingeva sul volto delle ombre, che sembravano giocare con i tratti del viso esaltandone gli occhi e la dolcezza.  Sorridendo si toccava le mani mettendo distrattamente a posto qualche ciocca di capelli per poi appoggiarvi sopra il mento per fermarsi ad ascoltarlo.

 Lui sembrava in gran forma, liberatosi del maglione si sentì risvegliato dal primo sorso di vino, e si era lanciato in una serie continua di battute e ricordi comuni che riempivano la stanza troppo silenziosa.

 Si erano avvicinati più di quanto le apparenze non evidenziassero.

 Il terribile frastuono della suoneria di un cellulare sembrava aver distrutto quell'atmosfera, ma lei, dopo poche parole ed i saluti di rito, aveva ripreso a godersi il momento come e forse più di prima.

 La cena, semplice e gustosa, fu divorata di gusto ed il vino leggermente dolce terminò, insieme all'ultimo biscottino di mandorle che vi era stato annegato. Non si erano accorti di essere così affamati, si stupirono perfino per aver mangiato così tanto. 

" Se venite vi mostro la stanza. " furono le parole che li fecero alzare, quasi malvolentieri.

 Si stavano avvicinando alle stanze, al piano superiore e si accorse che la prospettiva di quella notte insieme con lei provocava quasi un senso di dolore fisico.

 Non era mai successo nemmeno quando entrambi lo avevano voluto o potuto, e fino ad ora era tutto cosi, cosi….., cosi giusto che le cose potevano solo peggiorare. 

 La camera era piccola ed arredata con gusto e per fortuna aveva due letti separati. Le coincidenze fortunate aumentavano.

 " Vi accendo il camino? "

 " Grazie ma e' meglio di no" risposero, con una sola voce, senza nemmeno guardarsi negli occhi.

 Posate le borse, esaminarono l'ambiente, con evidente interesse, e salutarono la signora, fissando la sveglia per il giorno dopo.

 La finta stufa a legna emanava un calore perfetto e lui si butto', con slancio, sul letto accendendo il televisore e cercando, con palese imbarazzo, qualcosa di cui valesse la pena di parlare.

 " Vado io per primo in bagno." Disse risolvendo la situazione, riportando il tutto alla massima normalità. Si lavò sotto una doccia bollente e si vestì, purtroppo, con i suoi orribili panni per la notte.

 Uscendo la trovò già in attesa, a piedi nudi, coperta solo dalla camicia, con il seno che si lasciava sbirciare. Si spostò per lasciarla passare non riuscendo ad evitare di guardarla proprio lì.

 Entrò senza girarsi ma a lui sembrò che sorridesse.

 Il rumore dell'acqua della doccia lo liberò da buffi pensieri.

 

 Loro erano ottimi amici.

 

 Nell'attesa iniziò a sistemare i bagagli ed i vestiti per il giorno dopo, mettendo a posto quelli usati, per trovarsi davanti allo specchio, splendido nei suoi calzoncini tipo calcio e maglietta, con cui dormiva da anni, estate o inverno che fossero.

 Si osservò, appoggiandosi sul letto, e si chiese quale tipo di donna al mondo non sarebbe fuggita vedendolo così conciato: un quarantenne ex atleta col sedere basso e le maniglie dell'amore.

 " Aiuto, ci sei? "

 Quell'urlo uscito dal bagno smorzò il suo sorriso autocritico e lo mise in agitazione.

 " Vieni un attimo, entra, la porta e' aperta. "

  Erano poche e semplici parole, che lo catapultarono entusiasta fino alla porta del bagno.

 Il locale, annebbiato dal vapore che usciva dalla doccia, confuse i suoi pensieri, lasciandolo in una attesa servile.

" Mi sono scordata lo shampoo sul lavandino, me lo prendi per favore. "

 Obbedì in silenzio e glielo consegnò nella mano sgocciolante apparsa dal box appena socchiuso.

 Con uno spirito banale e molto forzato butto' li lo scontatissimo: " Se ti serve qualche altra cosa….." che lei giustamente ignorò.

 Non avrebbe dovuto farlo, ma era ipnotizzato, dal vetro opaco della doccia si vedeva apparire e sparire nel vapore la sagoma e le forme del suo corpo.

 Com'era bello quello che riusciva a vedere.

 Si riprese prima che lei potesse cacciarlo e uscì per andarsi a sdraiare sul letto. Provò a far finta di nulla.  

Trovo' un notiziario sportivo e le immagini di goal e di calciatori famosi riuscirono ad assorbire i suoi pensieri.

 Non durò a lungo, un pensiero riuscì a farsi spazio in modo devastante.

 Più che un sogno o una fantasia era un desiderio, una speranza, e quasi se ne vergognava, avrebbe voluto che sparisse sostituito da immagini di partite, di goal e cose simili, era meglio, era più giusto, ed era più facile.

 Solo che non era possibile.

 Ormai era un chiodo fisso.

 Quanto e cosa avrebbe dato per voltarsi e vederla uscire dal bagno vestita solo con le scie delle gocce d'acqua.

 Ad occhi chiusi l'immagine virtuale era così plausibile che qualcosa si mosse sotto la stoffa dei pantaloncini. Questo lo salvò. Si rese conto che lei uscendo l'avrebbe visto in quello stato e così……

 Si convinse che lei si era asciugata e preparata per la notte, per entrare nei panni perfetti della moglie da barzelletta: nascosta da un’impenetrabile e appiccicosa maschera di bellezza.

 

 Era meglio cosi', loro erano molto, ma molto amici.

 

 Chiuse gli occhi, il brusio del televisore lo mise in un dormiveglia che gli impedì di sentire che l'acqua della doccia non scorreva più e che la porta del bagno si era aperta.

 Senza sapere perché, si voltò distrattamente in quella direzione tornando subito a fissare il video.

 Un lampo lo attraversò e si girò nuovamente di scatto. 

 Lei era uscita dal bagno, ferma e con le braccia dietro la schiena ed appoggiata alla parete.

 I capelli umidi, appena strofinati, si erano riuniti in piccole ciocche che, aderendo al viso, le coprivano lo sguardo, lasciando solo intravedere l'espressione degli occhi.

 Le labbra formavano un disegno indecifrabile confuso tra smorfia e sorriso.

 Il corpo, ancora gocciolante, era coperto da un asciugamano grande annodato all'altezza del seno, che le arrivava sopra le ginocchia incrociate.

 Questo, per quanto goffo, non riusciva a nascondere le forme che spiccavano nel silenzio.

 Rimaneva ferma, in attesa, un'attesa che lui percepiva ma non sapeva decifrare, bloccato in quella posizione innaturale, scomoda che non gli impediva di osservarla mentre cercava di mantenere un distacco impossibile.

 Lei capiva ed aspettava, restava immobile, voleva che andasse per la sua strada, qualunque fosse.

 L'unico movimento era quello della testa che, con piccoli scatti, modellava la posizione delle ciocche umide, variando il suo profilo e rendendosi più desiderabile.

 Il sorriso, improvvisamente, esplodeva per tornare a nascondersi nella penombra del viso.

 La luce bassa nella stanza contribuiva a confondere le cose, ma lui aveva una visione chiara e nitida di lei ma non delle proprie intenzioni.

 Si sollevò dal letto con lentezza, attento a non fare rumore, un rumore che avrebbe potuto svegliarlo da quel sogno così particolare e inatteso.

 Si mise in piedi, buffo nel suo completo, evidenziando il contrasto con la selvaggia sensualità dell'asciugamano annodato.

 Fatto un passo, notò le gocce d'acqua che, scendendo dai capelli, attraversavano il collo per poi dirigersi, per una strada invisibile, ora verso il solco del seno ora verso le spalle e sparire nel bordo dell'asciugamano.

 Abbassando lo sguardo notò che, da sotto, ne apparivano altre, o forse le stesse, che rigando le gambe, finivano la loro corsa in un soffice e caldo tappeto.

 Immaginò il percorso fatto da quelle fortunate particelle d'acqua, chiuse un attimo gli occhi, aspettò con la speranza di sentire lei parlare, gridare, piangere, ridere, insomma fare qualcosa.

 Non accadde nulla, anzi quasi nulla, ma non a lei, e i pantaloncini non l'avrebbero nascosto.

 Si avvicinò, lentamente, cercando di fissarla negli occhi, avendo l'impressione che lei accelerasse il respiro e immaginò di vederle il cuore aumentare i battiti.

 Appoggiò le mani sulla parete ai lati del viso e, senza fretta, iniziò a sfiorarla, coprendola di piccoli baci, sul collo, dietro le orecchie, sulle guance.

 Lei non reagiva, anche se piccoli brividi sulla pelle la tradivano. Forse involontariamente, le sfiorò il ventre con il pene ingrossato, e quella sensazione lo spinse fuori controllo.

 Continuò a baciarla e morderla sul collo e sulle spalle ora con più violenza e decisione abbassandosi fino al confine marcato dall'asciugamano. La lingua si muoveva cercando i punti più sensibili, la pelle era morbida, profumata, vibrante e lei alla fine reagì muovendosi per favorirlo.

 Si fermò a fissarla, lei ricambiò con gli occhi nascosti dai capelli umidi, poi, lentamente, rovesciò la testa all'indietro.

 Senza dire nulla, s’inginocchiò e, con le mani appoggiate al muro, iniziò a cercare con la bocca un varco tra le pieghe dell'asciugamano, lei mantenne incrociate le gambe, ma sporse in fuori il ventre, fino a che lui non trovo il contatto con la pelle bianca e liscia delle cosce.

 Appena sotto la peluria ancora umida.

 Il contrasto tra la seta della pelle e la barba corta e ispida lo colpì come uno schiaffo e il pene, già cresciuto, aumentò le sue dimensioni stretto e oppresso nei pantaloncini.

 Lei non si mosse ma tese i muscoli delle cosce, che lui sentì vibrare sotto le labbra. In un lampo di lucidità fu invaso dal pensiero che fosse un segno di rifiuto e la sua azione si fece più lenta e cauta, quasi accennata.

 Fu a questo punto che accadde, era giunto il momento, ed era il momento giusto, proprio mentre lui si stava sgonfiando nella mente e nel corpo, lei si mosse, con un movimento lento e studiato.

 Spostò le braccia appoggiandosi al muro con la schiena, con le mani libere scostò i lembi dell’asciugamano scoprendo tutto l’addome e con le gambe leggermente aperte spinse in fuori il bacino, allargò le grandi labbra con le mani e gli porse il suo frutto.

 Lui non se lo aspettava, e il contrasto di questa situazione con i suoi pensieri di poco prima lo bloccarono in una posizione contemplativa, poi si mosse, iniziò a sfiorarla delicatamente con piccoli baci e colpi di lingua.

 Lei reagiva, adesso reagiva, reagiva muovendosi in modo da aumentare e favorire l’efficacia dei tocchi.

 Il clitoride si era ingrossato e sporgeva a sufficienza per permettergli di prenderlo delicatamente tra le labbra e succhiarlo. Succhiò a lungo, intensamente e lei si bloccò con la schiena inarcata fino a che il piacere intenso non la costrinse a rilassarsi cedendo appena con le gambe.

 Lui tolse le mani dal muro e, afferrandole il sedere, la sostenne in modo da poter tuffare la bocca nel profondo del suo intimo, prese a baciarla e leccarla con maggiore violenza cercando di arrivare più a fondo possibile, dovunque, in ogni piega e in ogni apertura.

 Era tutto così umido e caldo, lei si agitava come se volesse liberarsi da quella presa, ma non ci sarebbe mai riuscita nemmeno se lo avesse implorato, spostò le mani appoggiandole sulla quella testa irsuta che la stava divorando, procurandole delle reazioni sempre più intense e ravvicinate.

 Capì che non avrebbe resistito a lungo, le dispiaceva che quel momento stesse per finire, lo afferrò per i capelli tirandoli con violenza e premendo quella bocca diabolica verso il proprio piacere.

 Pur nella foga e nell’eccitazione lui se n'accorse e concentrò le maggiori attenzioni nei punti dove lei reagiva di più.

 Con un violento sussulto di tutto il corpo, lei iniziò a godere con intensità sempre maggiore, la bloccò spingendola con forza contro il muro e, affondando il viso nel ventre, continuo a leccare.

 Era arrivata alla fine, aveva goduto a lungo con un piacere che non ricordava, sentiva un senso di calore, un calore umido invaderla sulla pancia e sulle gambe, avrebbe voluto lasciarsi andare e crollare sul tappeto ma era bloccata da quella bocca che continuava a baciarla dappertutto e non sembrava voler smettere.

“ Basta ti prego, non posso aspettare, lasciami.” 

 Udendo queste parole sussurrate, allentò la presa e si rilassò, lasciandola libera di muoversi fissandola negli occhi.

 Si abbassò per baciarlo delicatamente sulle labbra che sapevano di donna e lo costrinse ad alzarsi, poi, ricambiando lo sguardo, abbassò i pantaloncini, badando a passare l’elastico sopra il membro indurito senza ferirlo.

 Lo prese con una mano massaggiandolo lentamente, facendo scorrere le dita per tutta la sua lunghezza, cercando con attenzione a cogliere i punti più sensibili.

 Qualche piccolo bacio contribuì ad indurirlo definitivamente e renderlo sensibilissimo, lei si sentì soddisfatta.

“ Chiudi gli occhi e non muoverti. ”

 Parole, dette con dolcezza, che fecero l’effetto di pietrificarlo, ubbidì, si sentì liberato dal contatto con lei, e acuendo tutti i sensi cercò di percepire cosa stesse per succedere.

 Lei si fermò a guardarlo, immobile e ridicolo in quella posizione innaturale, e si accorse che, senza il suo ordine, sarebbe rimasto cosi fino al giorno dopo, poi si girò e, misurando accuratamente gli spazi, s'inserì tra lui e il muro dandogli le spalle.

 Piegata lievemente verso il muro si sollevo l’asciugamano dai fianchi e, appoggiando le mani al muro, continuò a piegarsi fino a sfiorargli con il sedere il pene nudo.

 Sentire quel tocco misterioso e il “ Sorpresa ” che lei gli sussurrò, lo alleviarono da quell'attesa infinita e, spalancati gli occhi, si trovò proiettato in un mondo fantastico, una fiaba, un sogno dal quale temeva di svegliarsi.

 Lei era lì, in quel modo, lo stava guardando da dietro una spalla, con gli occhi accesi da una luce innaturale, muoveva i fianchi in modo impercettibile arcuando la schiena e lasciando risaltare, tra le pieghe dell’asciugamano, le curve morbide e lisce.

 Nonostante l’età e le gravidanze, non aveva perso nulla di quanto lui ricordasse e stava rivelando quel lato che ignorava del tutto, ed era lì, cosi, tutta per lui, condannato a vivere quel momento, secondo per secondo, certo che non sarebbe mai tornato, almeno in questo vita. 

 Appoggiò con delicatezza le mani sui fianchi scoperti, infilandole sotto il panno per poi stringerle, mentre lei continuava a fissarlo, e muovendo il bacino cercò di trovare con la punta la strada attraverso il pelo umido.

 Era talmente bagnata che il glande scivolava tra le natiche e le cosce e iniziarono a sorriderne.

L’espressione le mutò sul volto in un attimo quando si sentì penetrata, lentamente ma con decisione. Era arrivato in fondo bloccandosi in quella posizione e dondolando il bacino.

 Lo sentiva dentro, caldo, enorme, inarrestabile, si lasciò andare, lasciò ciondolare la testa e si fece sfuggire un mugolio sommesso, che lui colse immediatamente.

 Stringendola forte iniziò a muoversi lentamente aumentando il ritmo, facendolo uscire ad ogni colpo quasi completamente.

 Quando il ritmo raggiunse il culmine, accompagnato dal suono prodotto dai corpi, lui si bloccò improvvisamente e nel silenzio si mise ad ascoltarla.

 Non avrebbe dimenticato facilmente quello che udì. 

 Stava cedendo, sentiva il peso del corpo rilassato aumentare sotto di lui e tese i muscoli per sorreggerla, fece scorrere le mani fino al seno sentendo i capezzoli duri reagire a quel lieve tocco. Le sollevò la schiena facendo aderire i corpi e la baciò delicatamente sul collo e sulle spalle.

 Questo la ravvivò e girando la testa cercò la sua bocca e si scambiarono un bacio lento e morbido.

 Solo allora si accorsero che quello era il loro primo bacio dopo più di venti anni. Un bacio breve, dolce con le labbra appena sfiorate e la lingua timida, quasi timorosa in un ambiente nuovo e meraviglioso.

 Anni pieni di amori, di gioie, delusioni, matrimoni, figli, pannolini, pappette, litigate e chissà cos'altro, anni in cui il loro rapporto si era evoluto, passando da una giovanile complicità ad un affetto vero, sincero, fraterno, appunto, fraterno. 

 Quanto tempo era passato? Minuti, secondi, ore, giorni? Lui non era in grado di capirlo, però capiva che non voleva finisse. Sarebbe finito ma era già una cosa eterna.

 

Sarebbero stati sempre grandi amici.

 

 Quando il bacio finì, erano ancora abbracciati e lui tornò a muovere il bacino con piccoli colpi lenti e delicati.

 Allora lei si liberò da quell'abbraccio, tornò ad appoggiarsi con le mani affusolate al muro e aumentò a sua volta il ritmo muovendo sapientemente tutto il bacino.

 Era lei a comandare ora.

 Variava i ritmi e le ondulazioni, attenta alle reazioni che provocava, cercando di insistere come e dove lui subiva di più.

 L'effetto di quel movimento fu immediato, l'orgasmo, diverso dal precedente, le fece perdere momentaneamente ogni controllo, gemendo e sospirando contrasse il bacino e si appoggiò con il petto sul muro.

 Gli afferrò le gambe muscolose per impedire che uscisse e dopo gli ultimi sussulti si lasciò andare e scivolò in ginocchio. Lui l'assecondò e, nella nuova posizione, fu preso dalla voglia di giocare con lei.

 Lo tirò fuori con un gesto rapido, provocandole un altro sussulto, lo afferrò con una mano e iniziò a strofinarlo, aiutato dalla pelle bagnata, su tutto il sedere, tra le cosce, infilandolo appena per subito levarlo, accanendosi con il glande sul clitoride e, soprattutto, sull'altra apertura, ancora inviolata, che lo attirava magneticamente.

 Non provò neppure per un attimo a forzarne l'apertura, limitandosi ad appoggiarsi con la punta e fermandosi come se aspettasse un qualche cenno d'assenso.

 Nei pochi secondi d'attesa si chiese il perché quella zona particolare fosse così magnetica ed irresistibile per la mente maschile.

 Non trovò la risposta e nemmeno un cenno di assenso, successe invece che lei, alzandosi in piedi, apparentemente lucida, lo prese per la mano libera e lo trascinò sul letto.

 Era un modo deciso, sicuro, senza esitazione.

 La seguì docilmente e sentì che questa pausa lo stava rilassando, la cosa gli fece piacere perché sapeva che gli avrebbe consentito di durare di più, anche se ormai era pericolosamente vicino alla fine. Era sicuro che dopo per qualche motivo non avrebbero ricominciato.

 Lo temeva o lo desiderava?  Non lo avrebbe mai saputo.

 Anche se la temperatura della stanza era fresca ormai erano bagnati, dal sudore e dal resto. Lei si tolse l'unica cosa che li aveva separati fino allora.

 L'unica.

 Lo spinse a sdraiarsi e con un rapido movimento si sistemò seduta sulle sue ginocchia iniziando a massaggiarlo sulle cosce e sul ventre.

 Lui aveva intuito le sue intenzioni e si sistemò sotto di lei per godere appieno della situazione. L'unico dubbio che aveva era: quanto avrebbe resistito? In ogni caso gli sarebbe piaciuto scoprirlo.

 Aveva voglia di guardarla e incrociò le mani dietro la testa, lei se n'accorse e sembrò quasi che stesse aspettando proprio quello per iniziare a scatenarsi.

 La vedeva bene mentre si abbassava con la bocca sul suo sesso, per riportarlo nelle condizioni ideali. Si muoveva delicatamente alternando le attenzioni dalla punta per scendere fino alla base, usando le mani, la lingua e le labbra.

 Ottenne l'effetto desiderato e, per evitare di farlo venire troppo presto, inseriva degli attimi di pausa nei quali, allungandosi, lo baciava con intensità.

 Sentendolo fremere gli ordinò di non muoversi e di lasciarla fare.

 Si avvolse i seni con le mani sporgendosi in modo che lo sfiorassero sul viso, e gli permise solo qualche lieve bacio o colpo di lingua.

 Arretrò fino al punto che i capezzoli non incontrarono il pene e si mantenne in equilibrio facendoli toccare. Poi con le mani se lo accostò al petto e lo circondò più possibile con lasciando spuntare solo al punta arrossata.

 Dondolava sapientemente, accostava la bocca e lasciava partire piccoli lampi di lingua che lo facevano sussultare.

 Quando si accorse che lui stava per esplodere, lo implorò di resistere e, cambiando posizione, si sollevò in ginocchio proprio sopra di lui, lo afferrò con una mano e lo sistemò nel punto giusto.

 Chiusero entrambi gli occhi e si gustarono, attimo per attimo, il piacere trasmesso da quella penetrazione che lei completò con gran dolcezza.

 Lui l'afferrò per la vita mentre si muoveva appena, senza sollevarsi.

 La molla finale scattò quando lei, coprendosi i seni con le mani, aumentò appena il movimento.

 Venirono contemporaneamente, travolti da una sensazione di calore che i due sessi donarono sussultando. Fu un orgasmo lungo, inizialmente violento, profondo, che loro assecondavano con impercettibili assestamenti del bacino, un orgasmo soprattutto dolce, dolce e appiccicoso.

 La trascinò a se e la strinse in un abbraccio forte che lei accettò sospirando, appoggiando la testa sul petto.

 Restarono in silenzio a lungo, scambiandosi piccoli tocchi e morbidi baci, lasciando trascorrere i secondi in un'atmosfera ritmata dai respiri ancora accelerati.

 Si ripresero a fatica, stimolati dal fresco dei corpi bagnati e nudi.

 " Facciamo una doccia? "

 Le chiese con voce così smielata e flebile che lei rise e saltò dal letto.

 "Per favore non morire, non è mica finita. "

Gli disse infilandosi nel bagno, prima che lui la raggiungesse, fece scattare la serratura lasciandolo lì, come un baccalà, con il pene cadente, a rimuginare sul da farsi.

 La implorò di aprire, ma il rumore dell'acqua copriva la sua voce, provò a bussare, prima con rispetto, poi quasi con violenza. Non arrivando alcun segnale fu invaso da un dubbio raggelante, cosa stava facendo, stava giocando o stava prendendo quelle distanze che lui temeva rabbrividendo al solo pensiero.

 Quello che vide nello specchio aumentò il suo panico, era successo, questo si, forse per il vino o magari per caso, ma, passato il momento, la fredda razionalità femminile, rafforzata dal suo aspetto, lo avrebbe rimesso nell'angolo nel quale era sopravvissuto per anni.

 

 Però sarebbero stati sempre grandi, anzi ottimi, e veri amici.

 

 Lo stato di torpore, in cui era caduto, gli impedì di sentire la porta aprirsi e solo quando fu afferrato per un braccio e trascinato dentro, si riprese provando a balbettare qualcosa.

 Lei lo precedette nel box inondato d'acqua tiepida, ordinandogli di aiutarla ad insaponarsi.

 Il dove lo poteva scegliere lui.

 Cercando di mantenere il controllo, procedette in maniera scientifica, iniziando dalle caviglie per salire lentamente lungo il corpo. Terminò senza aver mostrato alcuna preferenza apparente durante le operazioni.

 Lei aveva collaborato muovendosi agilmente porgendo le zone interessate con evidente naturalezza, quasi che non fossero sue. Erano però troppo vicini, nello spazio limitato della doccia, e i continui contatti gli provocarono un piccolo risveglio inguinale, che lui ignorava con difficoltà ma che, ovviamente, non le sfuggirono.

 Chiuse l'acqua e, senza che lui la invitasse a farlo, presa la bottiglia di bagnoschiuma, iniziò a deporne abbondanti quantità in tutte le parti del corpo, tutte.

 Confusa nei vapori, iniziò allegramente a lavarlo, canticchiando.

 Stava scendendo lungo il corpo e, per comodità, s'inginocchiò e, sempre con fare distratto, oltrepassò il punto critico terminando le operazioni rapidamente.

 Lui rimase nell'attesa della prossima mossa, sicuro che stava per arrivare una sorpresa.

 Arrivò.

 Lei fu rapidissima, in un attimo balzò fuori dal box, aprì tutta l'acqua fredda ed esclamando: " Quello te lo lavi da solo! " Rideva, con gusto, sonoramente, e quella risata spontanea e inattesa valse più d'ogni altra cosa potesse succedere.

 Armeggiando con i rubinetti migliorò la temperatura, finì la pulizia, uscì e la trovò sorridente che si strofinava lentamente il corpo con un asciugamano molto, troppo piccolo.

 Si mise a guardarla, " quanto è bella ", pensò e la baciò lievemente sulla guancia. " Stai buono. " Ordinò lei e, cambiando panno, prese ad asciugarlo delicatamente, come si farebbe con un bambino, magari troppo peloso.

 Lui gradiva, cercando di prolungare la cosa, ostacolandola e muovendosi quasi a fuggire da quel tocco.

Lei, alla fine, si avvicinò regalandogli un abbraccio molto più che fraterno.

 

Erano veramente degli splendidi amici.

 

La stanchezza apparve non appena si appoggiarono sul letto e senza porsi troppi problemi vi s'infilarono.

Lei aveva indossato una maglietta bianca che la copriva quasi tutta, aveva i capelli spettinati e un'aria stravolta ma felice.

Era tardissimo e la sveglia non era ormai molto lontana, con la solita maglietta bianca di sempre lui si accostò lentamente e abbracciandola da dietro si addormentarono.

 Fu un sonno pesante, ritmato da respiri molto diversi, lui quasi fastidioso, in contrasto con la delicatezza espressa da lei.

 Non si mossero dalle loro posizioni iniziali e la prima luce che filtrò dalla finestra andò ad illuminare i loro visi distesi, quasi sorridenti.

 Si svegliò per primo, con un sussulto, disturbato da qualche rumore esterno, si soffermò a ricordare quasi per rafforzare la sensazione di gioia che lo pervase.

 Non voleva svegliarla e lentamente uscì dal letto e si chiuse in bagno. L'acqua fresca sul viso fece subito effetto e decise rapidamente il da farsi.

 Si mise gli scarponi sul corridoio, tornò indietro per darle un altro sguardo.

 

Sarebbero stati sempre amici?

 

 Non avrebbe saputo dire se fosse stato un bacio o una carezza a svegliarla, il profumo del caffè caldo scacciò la delusione di quel momento.

 Chiese che ora fosse, si appoggiò su di un gomito, prese la tazza e vi accostò le labbra lentamente per non scottarsi.

 Lo osservava seduto in fondo al letto, sorridente e premuroso, cercando di mettere a fuoco la situazione, una situazione piacevole e familiare, stranamente familiare.

 La sveglia non era ancora arrivata, era in netto ritardo e lei sospettava che fosse opera sua. Era sceso in tempo per fermare la signora e le aveva portato il caffè, le aveva regalato un risveglio più carino del previsto ed era un buon modo per iniziare la giornata. Una giornata difficile, forse.

 Si stiracchiò a lungo, muovendosi lentamente nel letto sfatto, finendo per alzarsi con evidente dispiacere. Finse di andare in bagno, andò invece verso di lui e gli regalò un "Grazie" molto, ma molto languido, seguito da un sonoro bacio sulla fronte.

 

Sarebbero stati sempre dei bellissimi amici.

 

  

  Impiegò pochi minuti per preparare la borsa, uscì e sistemò la macchina per la partenza, guardandola come se le volesse quasi bene. Rientrando avvisò di preparare la colazione, abbondante, tra poco sarebbero partiti, salì lentamente le scale e, senza bussare, rientrò nella stanza dove lei lo aspettava già pronta per uscire.

 Aveva cambiato solo la camicia e indossava un caldo maglione a collo alto che, invece di nasconderlo, accompagnava l'armonia del collo, presero i cappotti, le borse e in silenzio uscirono.

 Fermi davanti alla porta, guardavano la piccola camera con occhi seri e silenziosi, soffermandosi su qualche particolare, il tappeto, il bagno e alla fine fissarono compiaciuti l'unico letto sfatto, il silenzio proseguì per essere interrotto dal fragore del loro sorriso che si regalarono dolcemente.

 Li attendeva un piccolo tavolo che cedere sotto il peso di tutto il cibo preparato per loro. Sembrò quasi che tutti in casa sapessero di quella notte speciale e che volessero contribuire ad un pieno recupero, in vista del lungo viaggio.

 Tra un cornetto ed un caffè suonarono i telefoni riempiendo la sala di affettuosi scambi di parole, furono spiegati e dettagliati tutti i particolari della notte e del viaggio comprese "le" camere, la cena, il tempo, lo stato della macchina e mille altre cose che sembravano fondamentali alle rispettive famiglie.

 La cosa sembrò naturale fino a quando si accorsero che quella conversazione aveva avuto alcuni spettatori che si accorsero di essere in presenza di qualcosa diversa dalle apparenze.

 Fu il primo ed unico momento in cui si sentirono colpevoli.

 Finita l'abbondante colazione, saldarono il conto, raccolsero i bagagli e, dopo aver salutato con cortesia il personale, salirono in macchina e, allacciate le cinture, partirono per tornare nel mondo.

 Non appena la temperatura nella macchina si aggiustò si ripresero da un iniziale torpore, osservando il panorama presero a parlare ed a scherzare con gusto.

Ripercorrendo la strada che attraversava il bosco tornarono con la mente all'inizio di quell'avventura e, contrariamente a pochi istanti prima, non s'incolparono di nulla.

 La giornata era splendida, pulita, assolata, il paesaggio verde e selvaggio, lui si trovava nel suo elemento, che lo rendeva allegro e vitale e lei, poco abituata a questi spazi, n'era affascinata.  Ascoltava rapita i racconti e le storie, che lui sfornava con entusiasmo, e trascorsero con gioia molti minuti mostrando di non subire le conseguenze per la notte appena trascorsa. 

  Arrivarono in autostrada e furono distratti dalla nuova atmosfera, dominata dal traffico e dalla banalità della striscia d'asfalto. Iniziarono momenti di silenzio a volte di pochi minuti a volte più lunghi che servirono forse a riordinare le idee, forse a gustarsi il sapore di quei ricordi freschissimi.

 Lui audacemente le accarezzava i capelli o le toccava una gamba, senza malizia ma con dolcezza, e senza dare troppa importanza a quei gesti, lei gradiva e ricambiava coprendogli la mano mentre afferrava la leva del cambio o posando la mano sul braccio più vicino.   

 Il paesaggio cambiò man mano che si avvicinavano alla fine del loro viaggio e quando apparvero le montagne coperte di neve si ritrovarono in un silenzio duro e pesante che non provarono ad interrompere.

 La strada iniziò a salire, in una serie di tornanti infiniti, che davano la nausea e che rallentarono l'andatura costringendoli a riprendere la conversazione per vincere il nervosismo. Lei si sistemò sul sedile appoggiando le spalle allo sportello, incrociando le gambe con i piedi sul sedile.

 Lo guardava, intento nella guida, incolonnato dietro una fila di camion, era teso con le mani strette sul volante, lo sguardo fisso, cercò di entrare nei suoi pensieri e forse ci riuscì.

 Lo chiamò, accennando un sorriso, ruppe la sua concentrazione, rilassandolo con parole dolci e riuscì a riportarlo nella condizione che preferiva, anzi che adorava.

 

Era il suo miglior amico.

 

Ripresero a parlare, lei comodamente adagiata sul sedile, lui in una posizione più sciolta, guidando con una mano sola, rafforzando i concetti espressi con l'altra, lanciandosi, ora in una vasta analisi dei problemi del mondo, ora affrontando qualche intoppo familiare, precipitando alla fine in quell'abisso che era la loro situazione ora, dopo quella sosta. 

 Per fortuna nessuno di loro cadde nel rimorso e tantomeno nel rimpianto, si trovarono in una situazione di complicità e di intesa talmente ovvia che insinuava qualche dubbio a entrambi sulla fortunata casualità dell'evento.

 Non ci fu bisogno di concordare una versione dei fatti e l'argomento fu appena sfiorato, sapevano che la loro naturalezza avrebbe chiarito tutto a tutti.

 Qualche altra telefonata s'inserì nei dialoghi ormai spigliati e le loro menti erano proiettate nei prossimi giorni da passare insieme ed in armonia.

 Una sosta per il caffè, un attimo in bagno, e gli ultimi chilometri passarono in un lampo, le prime tipiche case dai tetti a punta, i cartelli di benvenuto e le facce sorridenti dei figli in attesa sulla piazza del paese chiusero definitivamente questo capitolo della loro storia.

 Dopo rapidi e calorosi saluti raggiunsero le case prese per le vacanze e  fissarono un appuntamento per il pranzo.

 Riuniti intorno al tavolo di un tipico locale di montagna immersi nell'atmosfera allegra dei bambini dimenticarono tutto e si scambiarono pochi sorrisi senza malizia. Lui seduto accanto alla moglie era spigliato e divertente, aveva preso in mano la situazione, giocava con i bambini e con i grandi regalando a tutti momenti simpatici.

 Poi, senza dare troppo peso alle parole, sua moglie tornò sul discorso della macchina rotta. Non aveva l'aspetto di un discorso malizioso o con secondi fini e lui rimase tranquillo.

 Ne discussero brevemente senza problemi destando scarso interesse negli altri.

 Seduta di fronte a loro ascoltò il dialogo in silenzio con molta tranquillità, anticipando mentalmente le risposte che lui dava serenamente.

 " Certo è stata una sfortuna, avevi portato apposta la macchina a controllare prima di partire, e da quel tuo amico poi. "

 Con queste parole sua moglie liquidò l'argomento e nessuno ci dette più peso, lui si rese conto che lei invece lo guardava fisso negli occhi con aria fredda e attenta. Sostenne lo sguardo cercando di interpretarne il significato  annaspando con la mente in cerca di qualcosa che sbloccasse la situazione.

 Gli sembrò che ci fosse un muro intorno a loro ma era solo la sua paura, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi stupendi che lo continuavano a fissare.

 Con lentezza studiata, scientifica, snervante, lei trasformò l'espressione immobile del viso, strinse leggermente gli occhi e accennò appena un morbido sorriso.

 Solo lui se n'accorse, capì e rispose alzando le spalle, arricciando il naso, abbozzando un'espressione che poteva significare tutto e niente.

 

 Loro si capivano, da sempre, erano e sarebbero stati buoni amici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un giorno di fine inverno, nel terzo millennio.

 

 

 

Dal profondo dei sogni più veri.